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Sono quattro i “piatti forti” in tema previdenziale del decretone varato dal Governo: quota 100 (sperimentale per tre anni), blocco dell’aumento dell’aspettativa di vita per le pensioni anticipate, proroga dell’Ape sociale e di opzione donna. Il provvedimento arriva dopo che la manovra ha stanziato i fondi per finanziare la nuova quota 100- circa 4 miliardi nel 2019 -, introdotto un taglio alle pensioni d’oro a partire dai 100mila euro lordi annui (interessati 24mila assegni), modificato i sette scaglioni di rivalutazione (con un recupero pieno fino a 1.522 euro) e introdotto una flat tax al 7% per i pensionati che decidono di trasferirsi dall’estero in una delle regioni del Mezzogiorno.

Il cantiere della previdenza prende così forma. Quota cento, opzione donna, precoci usuranti, Ape volontario e sociale, isopensione. Sette canali di uscita flessibile dal lavoro (otto se si considerano distinte quota 100 per i privati e quota 100 per gli statali) a partire dai 58 anni che sommate agli altri canali standard portano a 12 le possibilità di uscita dal lavoro nel 2019

Quota 100 per i lavoratori privati
Per i lavoratori del settore privato, la quota 100 (62 anni di età + 38 anni di contributi) prevede finestre trimestrali mobili di uscita. Per chi ha maturato i requisiti entro il 2018 la prima finestra si aprirà comunque il 1° aprile del 2019. La platea interessata è di circa 190mila lavoratori anche se il governo stima un’adesione all’85 per cento.
Dal confronto realizzato dall’Ufficio parlamentare di Bilancio risulta che coloro che nel 2019 soddisfano i requisiti per usufruire di quota 100 potrebbero andare in pensione con un anticipo medio poco inferiore a 2,5 anni rispetto alla prima uscita utile che per loro si aprirebbe a normativa invariata (pensione di vecchiaia, pensione anticipata e uscita per lavoratori precoci).
I beneficiari di quota 100 non potranno cumulare la pensione con redditi di lavoro fino ai 67 anni di età: il tetto è di 5 mila euro l’anno per i redditi di lavoro occasionale. 

Quota 100 per i dipendenti pubblici
La platea di quota 100 in ambito pubblico è di oltre 156mila dipendenti (anche per loro si stima un’adesione all’85%). La prima finestra utile è fissata al 1° agosto, con un mese di ritardo rispetto alla soglia di luglio ipotizzata inizialmente. Potranno usare questa solo gli statali che avranno maturati i requisiti per quota 100 entro la data di entrata in vigore del decreto. Chi li matura dopo conseguirà il diritto alla decorrenza del trattamento dopo sei mesi. Per i lavoratori della scuola la prima possibilità di uscita è fissata a settembre, in linea con l’inizio dell’anno scolastico, con domande da presentare entro il 28 febbraio.
Si ricorda che la misura - sia per i lavoratori privati sia per quelli pubblici - è sperimentale per il triennio 2019-2021, ma chi matura i requisiti entro il 31 dicembre 2021 potrà uscire anche dopo. Per i dipendenti pubblici che andranno in pensione, ha detto il vicepremier Matteo Salvini, «ci sarà la possibilità di avere subito il trattamento Tfs, fino a un importo di 30mila euro».

Opzione donna
Nel pacchetto pensioni del Governo c’è anche la proroga per il 2019 di “opzione donna”: con 58 anni di età e 35 di contributi le lavoratrici (59 se autonome) potranno avere una pensione ricalcolata con il solo criterio contributivo e decorrenza posticipata di 12 mesi (18 per le autonome).

Non potranno invece utilizzare la quota i lavoratori coinvolti in piani di isopensione (forme di accompagnamento alla pensione di vecchiaia o anticipata interamente a carico delle aziende con più di 15 addetti introdotte dalla legge 92/2012, si veda più avanti) che prevedono la possibilità di accordi per uscita a carico totale del datore di lavoro. 

Ape volontario e aziendale
Una possibilità ancora sul tavolo resta l’anticipo pensionistico (Ape) volontario: che nella declinazione “aziendale” prevede che la dote possa essere fornita dal datore di lavoro privato indipendentemente dal numero di dipendenti e senza nessun accordo sindacale, d’intesa e a favore del singolo lavoratore che accede a un Ape volontario. Il lavoratore potrà così ricevere un assegno ponte per un massimo di 43 mesi prima della pensione di vecchiaia, alimentato con un prestito che sarà poi restituito con rate ventennali trattenute sulla futura pensione. La platea è quindi quella dei lavoratori dipendenti che abbiano almeno 63 anni di età e almeno 20 anni di contributi e che distino dalla sola pensione di vecchiaia non più di 3 anni e 7 mesi. 

Ape sociale

È attesa poi la proroga per tutto il 2019 della sperimentazione dell’Ape sociale, ossia il prestito-ponte finanziato dallo Stato per consentire il pensionamento ai lavoratori che rientrano in particolari categorie ai quali mancano solo 3 anni al raggiungimento dei requisiti. Le categorie ammesse sono quattro: disoccupati che hanno concluso l’indennità di disoccupazione da almeno 3 mesi con 30 anni di contributi; lavoratori che assistono familiari conviventi di 1° grado con disabilità grave da almeno 6 mesi con 30 anni di contributi; lavoratori con invalidità superiore o uguale al 74% con 30 anni di contributi; lavoratori dipendenti che svolgono un lavoro ritenuto pesante (e lo hanno svolto per almeno 6 anni negli ultimi 7) con 36 anni di contributi.
Per questi lavoratori è possibile anticipare la pensione con 63 anni di età e 30 o 36 anni di contributi. Le lavoratrici madri possono beneficiare di un anno di sconto dei requisiti contributivi per ogni figlio fino a un massimo di due anni.

Lavori usuranti

Sono circa 6mila i lavoratori potenziali beneficiari ogni anno della pensione anticipata per lavoro usurante: si tratta di persone che hanno svolto una o più delle attività usuranti (tratte da un apposito elenco, come i lavori nelle cave, quelli ad alta temperatura, quelli notturni) per un tempo pari ad almeno la metà della vita lavorativa (o sette anni negli ultimi dieci) per le pensioni con decorrenza dal 1° gennaio 2018 in poi.

I requisiti per i lavoratori usuranti nel 2019 e fino al 2026 sono: quota 97,6 con almeno 61 anni 7 mesi di età e 35 anni di contributi.

Lavoratori precoci

Non scatta l’adeguamento all’aspettativa di vita per i lavoratori precoci (con un anno di contributi versati prima dei 19 anni), i quali potranno uscire con 41 anni di contributi ma con un posticipo di tre mesi. In pratica si perdono solo due mesi rispetto alla normativa vigente. Tra i requisiti ci sono quelli di svolgere attività particolarmente faticose (Dm 5 febbraio 2018 o Dlgs 67/2011), oppure essere care givers, invalidi civili almeno al 74% o disoccupati che abbiano esaurito la Naspi e passato un ulteriore trimestre di inoccupazione. L’assegno è calcolato con il sistema misto o retributivo ed è erogato dopo tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti.

Lavori gravosi
Per i lavoratori impiegati in mansioni gravose bisogna focalizzarsi su questi requisiti : 66 anni e 7 mesi di età (oppure 41 anni e dieci mesi per le donne; 42 anni e 10 mesi per gli uomini). Dal 2019 non scatterà la speranza di vita. Le domande vanno presentate telematicamente all’Inps, compilando un apposito modello, allegando la dichiarazione del datore di lavoro attestante i periodi di svolgimento delle professioni di cui all’allegato B del decreto ministeriale di cui all’articolo 1, comma 153, legge 205/2017, resi alle proprie dipendenze, il contratto collettivo applicato, il livello di inquadramento attribuito, le mansioni svolte, nonché il relativo codice professionale Istat, ove previsto. Per questa categoria si è in attesa della circolare dell’Inps con le istruzioni applicative.

Isopensione

Destinatari sono i lavoratori di aziende con più di 15 dipendenti. L’isopensione è il trattamento a cui accede il lavoratore che sottoscrive un accordo di esodo con prepensionamento a carico dell’azienda. Dal momento in cui smette di lavorare fino alla pensione, percepisce un importo mensile pagato dall’ex datore di lavoro. La possibilità di anticipare 7 anni rispetto alla vecchiaia è prevista fino al 2020, dopo si potranno anticipare 4 anni. Questa strada non ha avuto grande successo finora, principalmente perché prevede una procedura amministrativamente complessa e molto onerosa per le aziende.

Pensione anticipata in base alla legge Fornero
È il trattamento pensionistico previsto per i lavoratori che abbiano raggiunto i requisiti contributivi ed eventualmente anagrafici per terminare l’attività lavorativa nella gestione di riferimento, anticipatamente rispetto al requisito anagrafico previsto per la pensione di vecchiaia. Nel 2019, in base alle regole previste dal decretone varato dal Governo, i requisiti per andare in pensione anticipata con il sistema misto saranno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini (41 e 10 per le donne), anche se chi maturerà il requisito avrà la decorrenza della pensione solo tre mesi dopo. 

Cumulo dei contributi 
Si ricorda anche la possibilità del cumulo gratuito di contributi previdenziali versati in più gestioni, un’operazione rivolta a una platea di circa 50mila lavoratori l’anno che hanno la possibilità di andare prima in pensione e a costo zero, visto che l’operazione “somma” non ha alcun costo diretto. I potenziali beneficiari del cumulo comprendono anche coloro che hanno versato contributi alle casse dei professionisti. Il cumulo permette di ottenere un assegno unitario, permettendo anche la conservazione delle regole di calcolo proprie di ciascuna gestione pensionistica. Una opportunità soprattutto per chi ha carriere frammentate. 

Pensione di «vecchiaia» a 67 anni
Il diritto alla pensione di vecchia si matura nel 2019 con 67 anni di età e un minimo di 20 anni di contributi. La vecchiaia è una prestazione economica erogata, a domanda, in favore dei lavoratori dipendenti e autonomi, iscritti all'assicurazione generale obbligatoria (Ago) ed alle forme esclusive, sostitutive, esonerative ed integrative della medesima, nonché alla Gestione separata. 
La pensione di vecchiaia scatta dal primo giorno del mese successivo a quello in cui l’assicurato ha compiuto l’età pensionabile, oppure, nel caso in cui a tale data non risultino soddisfatti i requisiti di anzianità assicurativa e contributiva, la pensione decorre dal primo giorno del mese successivo a quello in cui vengono raggiunti tali requisiti.
Per ricevere la pensione, precisa l’Inps, è richiesta la cessazione del rapporto di lavoro dipendente. Non è, invece, richiesta la cessazione dell’attività svolta in qualità di lavoratore autonomo. 

Francesca Barbieri - 23 gennaio 2019 – tratto da sole24ore.com

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