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Si è svolto oggi a Roma il convegno, organizzato dal Sole 24 Ore in collaborazione con Unai, dedicato a presentare le novità editoriali nel settore condominiale e ad affrontare alcune tematiche più attuali: le morosità, la costituzione di fondi condominiali e la formazione dell'amministratore.

L'intervento di Antonio Scarpa, magistrato della II sezione della Corte di Cassazione, è stato centrato sulla questione delle morosità. In particolare, Scarpa ha approfondito il ruolo di amministratore, condomini obbligati e morosi e terzi. La grande novità, ha detto Scarpa, è la comunicazione dei dati ai terzi creditori, e la norma libera dai doveri legati alla privacy. Anzi, c'è un obbligo di legge di comunicare nome, cognome, millesimi e situazione di morosità. Ma chi sono i creditori e chi sono i morosi? E Scarpa ha esposto quello che chiama un “dogma”: quando l'amministratore fa un contratto con un terzo (anche il portiere) in qualità di rappresentante dei condòmini viene riferito l'obbligo contrattuale in capo a ciascun condomino.

Alcuni, ha precisato Scarpa, possono essere morosi solo per certe spese perché si rifiutano di pagare quelle spese, quindi vanno considerati in base alla diretta riferibilità rispetto a quel terzo creditore che non è stato pagato (il che, certo, è facile da individuare con le spese straordinarie). I dati dei morosi vanno quindi consegnati in quanto finalizzati a un'azione giudiziaria (la loro escussione). Il fornitore è in credito solo per i suoi crediti e solo nei confronti di determinati condòmini.

Un caso particolare è l'imputazione di pagamento (articolo 1193 del Codice civile): il condomino paga una parte ma deve dire cosa sta pagando, individuando così le poste che salda e quelle per cui rimane scoperto e l'amministratore deve chiarire preventivamente questo aspetto.

Inoltre, il fatto di non aver portato avanti le azioni esecutive dopo il semestre non è, secondo Scarpa, scusato dal fatto che sono già in corso le azioni dei creditori, anche se il moroso rischia di vedersi condannato due volte a pagare, da parte del condominio e da parte del creditore. Se poi il terzo creditore avvia la causa e il condomino viene a versare i soldi in studio può farlo, perché secondo la giurisprudenza non può mai andare a pagare direttamente al terzo creditore, e comunque il debito verso il condominio non è estinto dal fatto che abbia pagato al terzo creditore (sentenza del 2014). Insomma, ha chiosato Scarpa, questo del debitore che rischia di pagar due volte è un problema che non si risolve.

L'obbligo di dare i dati ai creditori, del resto, non è nell'ambito del contratto di mandato con il condominio ma deriva da un obbligo di legge, anzi va contro l'interesse del mandante.

Quindi, ha detto Scarpa, attenzione: se l'amministratore impiega sei mesi per dare il dato del moroso al creditore e nel frattempo il moroso ha fatto ipoteche o altro sul suo patrimonio, il creditore ha molte meno possibilità e quindi l'amministratore ha creato un danno all'aspettativa del terzo creditore, una lesione del suo credito. E di questo la responsabilità è dell'amministratore, non del condominio, perché non è un obbligo derivante dal mandato ma dalla legge.

Altra questione, ha spiegato Scarpa, riguarda i casi in cui il Codice civile è meno preciso: per esempio, sulla possibilità di sospendere il moroso ultrasemestrale dai servizi condominiali non si dice che la morosità debba riguardare quel servizio in particolare, è una morosità non sul rapporto singolo ma di carattere generale, a differenza della norma che tutela i terzi creditori.

Quando si è morosi? La risposta, per Scarpa, non va ricercata nel momento in cui la spesa è stata inserita nel rendiconto, che quindi ha natura costitutiva dell'obbligo, Dati i poteri dell'amministratore, quindi, si diventa morosi per le spese ordinarie sin dall'inizio dell'attività gestionale ordinaria, quando l'amministratore eroga le relative spese. Per la gestione straordinaria, invece, solo dal giorno in cui l'assemblea ha votato la relativa delibera, che ha valore costitutivo, a maggior ragione se è stato fatto un piano di riparto spese.

Ultimo caso illustrato da Scarpa è quello del moroso arriva dall'amministratore con 3000 euro mentre il suo debito è di 1000 euro con un terzo creditore e di 5000 con il condominio (di cui fanno parte anche i 1000 del terzo creditore). Questo condomino, non potendo pagare i 1000 euro direttamente al terzo creditore, ne versa all'amministratore i 3000 ma non si libera dei rapporti con il terzo creditore; se l'amministratore chiede al moroso come imputarli e il moroso dice che 1000 sono del terzo creditore, l'amministratore li accantonerà e poi pagherà il terzo creditore (se avrà raccolto anche le altre eventuali quote relative a quel creditore). Se invece non riceve alcuna indicazione sulla destinazione dei 3000 euro, è tenuto solo a metterli sul c/c bancario perché non ha alcun rapporto con l'azione di escussione del terzo creditore nei confronti del moroso, azione cui è del tutto estraneo.

Quando però, ha concluso Scarpa, i condòmini (anche i morosi) versano i soldi sul c/c questo denaro perde qualunque “colorazione” relativa alla sua destinazione e non c'è imputazione di pagamento relativi a questo o quel creditore. Così se il creditore vuole pignorare il c/c condominiale va detto che questi soldi non sono vincolati e quindi (in base all'articolo 2740 del Codice civile) il pignoramento si può fare. Non solo: il terzo creditore può anche svolgere ambedue le azioni: contro il moroso individualmente e sul c/c condominiale.

Saverio Fossati - 02 ottobre 2019 – tratto da sole24ore.com

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