Rifiutarsi di spostare la propria auto che impedisce alle altre auto di accedere nel cortile comune costituisce violenza privata.

Il fenomeno è ricorrente forse perché si è ignari del rilievo penale che assume o potrebbe assumere tale comportamento che blocca o impedisce l'accesso non solo nei cortili ma anche ai garage e così via.

È recente una nuova pronuncia della Corte di Cassazione (sezione V Penale, sentenza n. 51236/2019) con la quale ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un condomino avverso alla sentenza della Corte di appello che aveva confermato la sentenza del tribunale con la quale, quest'ultimo, aveva dichiarato, l'attuale ricorrente, responsabile del reato di violenza privata (articolo 610 del Codice penale).

Diversa la situazione di ci rende difficoltoso ma non impossibile l’accesso sempre parcheggiando abusivamente l’auto: i n questo caso (sentenza 1912/2018 della Cassazione ) non è violenza privata

Il fatto
Questi, infatti, si rifiutava si rimuovere l'auto parcheggiata all'ingresso di un cortile in uso anche a altro condomino, così impedendo a quest'ultimo di accedervi e di prelevare gli attrezzi di sua proprietà che erano stati lì depositati.

Veniva, pertanto, condannato in base all'articolo 610 alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Uno dei motivi del ricorso per cassazione avverso alla sentenza della Corte di merito era l'inosservanza della legge penale, in quanto il rifiuto addebitabile all'imputato non era equiparabile alla violenza o alla minaccia richieste per l'integrazione del reato.

La violenza si esprime anche con i limiti alla libertà
La Corte di Cassazione, richiamando un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, ha affermato che integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura in modo tale da bloccare il passaggio impedendo l'accesso alla persona offesa, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione.

Sulla base di tali principi ha dichiarato inammissibile il motivo del ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

L.Tagliolini - 20 gennaio 2020 – tratto da sole24ore.com

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