Ci sono 1000 miliardi di debiti che i contribuenti, spesso deceduti. nullatenenti o posizioni fiscali di società fallite, hanno con lo Stato. Abbiamo un magazzino di crediti di quasi 20 anni. Per la stragrande maggioranza andrebbero azzerati perché non più riscuotibili. Gli altri Paesi europei hanno un perimetro in media di 3-4 anni. Se non ottengono il pregresso azzerano, altrimenti diventa un costo enorme sostenere una macchina burocratica infernale che non serve a nulla. La prima Rottamazione ha inciso su questo magazzino solo per circa 12 miliardi a fronte di un importo riscosso di 8,4 miliardi. E la rottamazione-bis e il “saldo e stralcio” hanno portato nelle casse dello Stato solo 6,8 miliardi.

E poi vogliamo recuperare qualcosa da quei 3,45 milioni di conti correnti degli italiani all’estero? Ci sarebbero appoggiati 200 miliardi, secondo i dati della rete internazionale di scambio automatico di informazioni sui conti finanziari basata sullo standard internazionale convenuto a livello Ocse. Tra questi ci sono sì nostri connazionali che tengono i soldi su banche estere perché temono una tassa patrimoniale. Ma ci sono anche quelli che hanno il conto alle Cayman. Le Entrate dovrebbero accertarli uno per uno ma non ha il personale per farlo. Eppure questi soldi indeboliscono anche il nostro sistema produttivo perché non sono utilizzabili dalle banche per fare prestiti. Perché non immaginare forme di incentivo per un rientro di una parte di questi capitali finalizzato all’investimento nei nostri titoli di Stato?

Fabio Savelli - 09 ottobre 2020 – tratto da corriere.it

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