Il Recovery Plan sarà il "grimaldello" che permetterà finalmente di fare le riforme rimandate a lungo. Il governo è pronto a sbloccare i concorsi e assunzioni e a mandare in soffitta i vecchi parametri ed il blocco del turn over. «Siamo pronti ad agire subito». Così il ministro della della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta in Parlamento per illustrare le "Linee programmatiche" per il Piano di Nazionale di Ripresa e Resilienza. Brunetta ha rivendicato l'importanza attribuita al ruolo del Parlamento: "Sono stati 20 giorni intensissimi, ma non ho dato alcuna anticipazione, alcuna intervista, convinto che fosse solo questo il luogo per la presentazione". L'acronimo "Pa", ha osservato Brunetta, non è un bell'acronimo, "è un po' freddo", ma in realtà rappresenta "il volto della Repubblica" che si presenta attraverso gli ospedali, le scuole, i tribunali, e pertanto "è la nostra qualità della vita", ma anche "le nostre tasse". In definitiva, il nucleo fondante dello Stato. Brunetta ha ricordato la pressione dell'Europa perché i concorsi vengano finalmente banditi e portati a termine. "O la riforma del sistema di reclutamento si fa subito in due tre mesi, oppure i soldi del Recovery non li prendiamo. Senza turnover il sistema non è bloccato, è morto". Svecchiamento, ricerca delle migliori professionalità anche attraverso il coinvolgimento del Formez e lo snellimento e la digitalizzazione delle procedure di selezione, semplificazioni e attuazione del principio Once only, che presuppone il collegamento delle banche dati delle amministrazioni pubbliche: sono gli aspetti principali del presentato dal ministro. Ma non bastano gli strumenti: "Se ti limiti a comprare i computer, nelle mani di chi non li sa usare diventano ferraglia inutile. Ci sono esperti che dicono che è preminente la formazione del capitale umano rispetto agli investimenti in digitale. Io penso che debbano andare di pari passo".

Domani a Palazzo Chigi – alla presenza del presidente del consiglio, Mario Draghi, del ministro della Pubblica amministrazione, e dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri – la sigla del “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”. Tra gli obiettivi indicati nel protocollo – secondo quanto si apprende – vi è quello di fissare i criteri per una riforma della pubblica amministrazione che dovrà puntare a un miglioramento dei servizi per i cittadini, alla riconversione delle abilità e delle competenze del personale attraverso innovazione, digitalizzazione, formazione, apertura di nuovi spazi per la contrattazione e forme innovative di partecipazione dei lavoratori. Il patto tra Governo e sindacati dovrebbe accennare anche a novità sugli inquadramenti e alla rimozione dei tetti ai trattamenti economici accessori, estendendo così al lavoro pubblico le medesime misure di detassazione della produttività previste da anni per il lavoro privato. Un altro degli obiettivi sarebbe quello di regolamentare lo smart working per via contrattuale, da tempo chiesto dalle tre confederazioni. Secondo i dati dell‘osservatorio smart working del Politecnico di Milano, durante l’emergenza sanitaria il 94% delle pubbliche amministrazioni ha consentito ai propri dipendenti di lavorare da remoto. Si stima che abbiamo lavoratori con questa modalità circa 1,85 milioni di statali.

09 marzo 2021 – tratto da Italia Oggi

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