Un nuovo percorso obbligato per le imprese che decidono di chiudere o delocalizzare e - in caso di mancato rispetto - multe (2% del fatturato dell’ultimo esercizio) e inserimento in una ’black list’ (che vieta per 3 anni l’accesso a finanziamenti o incentivi pubblici). Lo prevede la bozza dello schema di decreto legge al quale stanno lavorando il ministro del lavoro Andrea Orlando (Pd) e la viceministra dello sviluppo economico Alessandra Todde (M5s). La bozza, composta di 5 articoli, stabilisce obblighi di informazione preventiva e impegna l’impresa a presentare un piano di mitigazione delle ricadute occupazionali ed economiche connesse alla chiusura.

Sintesi necessaria nella maggioranza

Ma occorrerà una sintesi della maggioranza per avere una versione solida del decreto legge. Restano al momento punti di divergenza nella maggioranza,ad esempio in materia di sanzioni, vista ad esempio la cautela della Lega dinanzi al rischio di rendere ancora meno attrattivo il contesto italiano per le multinazionali. Il testo potrebbe subire diverse modifiche prima di approdare al consiglio dei ministri (l'ipotesi dei proponenti è tra fine agosto e inizio settembre almeno per un primo esame).

Lo schema del decreto

Lo schema di decreto legge recante “misure urgenti in materia di tutela dell’insediamento dell’attività produttiva e di salvaguardia del perimetro occupazionale”, si legge nella Relazione illustrativa, ha come perimetro applicativo le situazioni aziendali che coinvolgono un numero di addetti superiore o uguale a «cinquanta/centocinquanta, il cui impatto occupazionale sul territorio viene considerato rilevante e necessita di un arco temporale adeguato per consentire il vaglio di compatibilità di tutti i possibili interventi di supporto».

Percorso obbligato per l’azienda che chiude

Per garantire il “diritto di allerta”, ossia il diritto dei lavoratori di conoscere per tempo le decisioni di chiusura aziendale, e il diritto delle istituzioni competenti di intervenire per supportare e mitigare le conseguenze, il provvedimento introduce un percorso obbligato per le aziende che decidono di chiudere il sito: in particolare l’impresa è tenuta a comunicare con almeno 6 mesi di preavviso il progetto di chiusura del sito produttivo alle istituzioni, indicando le ragioni, le persone interessate e i tempi previsti. Comunicazione che va fatta prima dell’eventuale avvio della procedura di licenziamento collettivo.

Il ruolo dell’advisor

Entro un mese dalla comunicazione, l’azienda deve procedere alla nomina di un ’advisor’ che sarà l’interfaccia con gli interlocutori istituzionali. Entro 3 mesi dalla comunicazione formale di chiusura volontaria, poi, l’advisor procederà alla stesura del Piano per mitigare le ricadute occupazionali ed economiche, che preveda azioni per la salvaguardia dei livelli occupazionali e un percorso di reindustrializzazione per individuare per almeno 3 mesi un potenziale acquirente.

Le sanzioni anti-delocalizzazione

Per «scoraggiare comportamenti speculativi da parte di imprenditori che creano insediamenti produttivi in Italia per usufruire di agevolazioni e contributi pubblici e terminati questi, anche se non sono in crisi economica, delocalizzano spostandosi in altri territori, licenziando e danneggiando l’indotto», sono previsti strumenti sanzionatori. In particolare, per chi ha ricevuto contributi pubblici nazionali nei 3/5 anni precedenti, nel caso in cui intenda procedere alla chiusura volontaria violando il diritto di allerta verso i propri addetti e/o i termini e le modalità previsti dalla procedura di reindustrializzazione, arriverà una sanzione pari al 2% del fatturato dell’ultimo esercizio. Importo che andrà ad un Fondo dedicato alla reindustrializzazione, per supportare iniziative trasformazionali del business e politiche di sviluppo e formazione per la ricollocazione del personale.

Ipotesi black list

L’azienda che chiude in assenza delle condizioni previste dal decreto, inoltre, viene inserita in una ’black list’ nella quale, insieme ai soggetti che fanno parte dello stesso gruppo industriale o legati da un rapporto di direzione e coordinamento e/o controllo, per 3 anni non potrà accedere a finanziamenti o strumenti di incentivi pubblici nazionali o attingere agli ammortizzatori sociali.

18 agosto 2021 – tratto da sole24ore.com

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