Con l’addio tra pochi giorni all’esperienza triennale non proprio brillante di Quota 100, dal 1° gennaio sarà ancora possibile anticipare il pensionamento ma avendo maturato almeno 64 anni d’età, due in più della soglia anagrafica attuale, e 38 di versamenti. La nuova Quota 102, che durerà solo per i prossimi 12 mesi, è la vera novità in tema di pensioni della manovra targata Draghi. Che, dopo il sì del Senato, prima di capodanno riceverà il via libera definitivo della Camera. Ma il pacchetto previdenza da oltre 600 milioni della legge di bilancio prevede anche la proroga di un anno di Opzione donna e dell’Ape sociale in versione rafforzata con l’estensione del bacino delle mansioni gravose che ne possono usufruire.

E proprio l’Anticipo pensionistico sociale è stato al centro dei ritocchi apportati al testo a Palazzo Madama, con la soglia contributiva d’accesso dei lavoratori edili che è scesa da 36 a 32 anni (mentre quella anagrafica è rimasta ferma a 63 anni) e con l’inserimento dei ceramisti nell’elenco dei lavori usuranti che possono utilizzare questo canale.

Nuova riforma strutturale nel 2023

Ora i riflettori si spostano sul confronto tra governo e parti sociali per definire una nuova riforma strutturale delle pensioni che possa scattare nel 2023, una volta esaurita Quota 102. Mario Draghi si è reso disponibile a discutere di qualsiasi intervento correttivo della legge Fornero a patto che si rimanga all’interno del sistema contributivo. In altre parole, eventuali uscite anticipate dovranno essere totalmente ancorate al versamento dei contributi (anche attraverso il ricalcolo in questa chiave dell’assegno). Un paletto, quello fissato da Palazzo Chigi, che non piace troppo ai sindacati. E non è la sola incognita che grava sul confronto: Cgil, Cisl e Uil continuano a chiedersi se a inizio 2022, quando la discussione dovrebbe entrare nel vivo, sarà sempre Draghi al timone di palazzo Chigi. Per il momento la tabella di marcia prevede l’avvio di tre tavoli tecnici su flessibilità in uscita, trattamenti previdenziali di giovani e donne e rilancio della previdenza integrativa. Tra i nodi da sciogliere c’è quello di un significativo allungamento del raggio d’azione dell’Ape sociale. Per i sindacati quello arrivato con la manovra è un primo segnale.

I numeri di Ape e Quota 102

Secondo le stime dei tecnici del ministero dell’Economia, al netto dei ritocchi apportati dal Parlamento per “edili” e “ceramisti”, la propensione all’utilizzazione dell’Anticipo pensionistico sociale si dovrebbe tradurre in 21.200 uscite, con un impatto sulle casse dello Stato di 141,2 milioni il prossimo anno e 275 milioni nel 2023, che si assottiglierà poi nei 12 mesi seguenti. Il costo di Quota 102 sarà invece complessivamente di quasi 1,7 miliardi fino al 2025, partendo dai 176 milioni del 2022 e con un picco di 679,3 milioni nel 2023.

Con lo stop a Quota 100 risparmi per 1,8 miliardi

I conti pubblici beneficeranno però del definitivo stop di Quota 100, sulla quale il 31 dicembre calerà il sipario ma non del tutto visto che chi ha maturato i requisiti prima della fine dell’anno potrà anche successivamente incamminarsi lungo questa via d’uscita: già nel 2024 gli “oneri pensionistici” si dovrebbero infatti ridurre di 1,8 miliardi. Le previsioni della Ragioneria generale dello Stato indicano in 16.800 nel 2022 i nuovi pensionamenti anticipati con il meccanismo “64+38”. Pensionamenti destinati a salire a 23.500 nel 2023, e successivamente a scendere a 15.100 nel 2024, a 5.500 nel 2025 fino a fermarsi a soli mille trattamenti nel 2026. L’assegno medio con Quota 102 dovrebbe essere di 26mila euro annui.

Opzione Donna

La conferma per il 2022 della possibilità per le lavoratrici di accedere a Opzione donna, ovvero a una pensione totalmente “contributiva” con almeno 35 anni di versamenti e 58 anni d'età (59 se ”autonome”), dovrebbe aprire la strada il prossimo anno a 17mila assegni anticipati (su un totale di 29.500 “addette” e “operatrici” che saranno in possesso dei requisiti richiesti), per un costo di 111,2 milioni. Un flusso che dovrebbe salire a 28.200 trattamenti nei dodici mesi successivi e raggiungere il picco di 29.100 assegni nel 2024 (con una spesa vicina ai 500 milioni) per poi cominciare a scemare. Nessuna stima invece è stata elaborata dai tecnici del governo per le uscite anticipate dei lavoratori delle Pmi in crisi per i quali la manovra istituisce un apposito Fondo con 150 milioni nel 2022 e altri 200 milioni l’anno nel biennio seguente.

Marco Rogari - 26 dicembre 2021 – tratto da sole24ore.com

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