La sanzione amministrativa applicata ai negozi che non rispettano gli obblighi di chiusura nei giorni festivi non ha natura e finalità punitiva. Non è quindi possibile invocare l’applicabilità del principio della retroattività legge più favorevole, affermato dalla Consulta (sentenza 63/2019) anche per le sanzioni amministrative se possono essere considerate particolarmente afflittive secondo i cosiddetti criteri Engel. La Cassazione ( sentenza 19030) respinge il ricorso di un esercizio commerciale di generi non alimentari in Puglia, contro la sanzione imposta in base ad una legge regionale (legge 11/2003).

Per sostenere la tesi dell’applicabilità della legge mitior la ricorrente sottolinea la natura sostanzialmente penale della legge. Una disposizione che avrebbe uno scopo punitivo, deterrente e repressivo perché destinata alla generalità dei consociati e non mirata al semplice risarcimento dei danni patrimoniali. Ad avviso della difesa sarebbe afflittivo anche l’importo con una forbice che varia dai 2mila euro a un massimo di 15 mila. Somme a cui va aggiunta la sanzione accessoria della sospensione dall’attività di vendita nei casi più gravi o di recidiva infra annuale.

Ad avviso della Cassazione, che ottiene anche l’avallo del Procuratore generale, però la sanzione pecuniaria in questione non ha una natura sostanzialmente penale. «In particolare - si legge nella sentenza - non è una sanzione diretta a tutelare beni tipicamente protetti dalle norme penali. L’effetto preventivo è piuttosto tipico della funzione amministrativa». Inoltre, precisano i giudici di legittimità, manca «quella connotazione di gravità da determinare elementi di afflizione personale o tali da presentare un carattere socialmente riprovevole o da poter influenzare la vita professionale del destinatario».

Il giudizio sulla natura penale è dunque negativo, ma anche se così non fosse la Suprema corte precisa che il principio della lex mitior, non potrebbe in ogni caso scattare in automatico. E questo perché non ha un carattere assoluto, ma è suscettibile di deroghe o limitazioni alla sua operatività, da parte del legislatore, se sorrette da una valida giustificazione.

La Cassazione ricorda che la Consulta è intervenuta più volte per escludere la possibilità per le regioni di legiferare sugli orari di chiusura dei negozi, bollando come incostituzionali le norme regionali che intervengono sulle aperture. Nell’ambito della controversia esaminata la Cassazione ha chiamato in causa la Consulta che, con la sentenza 223/2021, ha escluso che l’intervento statale 201/2011 di liberalizzazione degli orari dei negozi, privo di efficacia retroattiva, possa determinare l’illegittimità costituzionale delle norme regionali per i periodi precedenti all’entrata in vigore. L’unica strada possibile per disapplicare la sanzione restava la dimostrazione della sua gravità.

Patrizia Maciocchi - 14 giugno 2022 – tratto da sole24ore.com

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