Il progressivo venire meno (salvo in casi particolari) degli obblighi di indossare la mascherina ha indotto molti a chiedersi se potesse considerarsi superato anche l’obbligo, previsto dal più recente testo del Protocollo anti Covid condiviso tra parti sociali e Governo (6 aprile 2021), di indossare la mascherina negli ambienti di lavoro in compresenza, salvo il caso di attività svolte in condizioni di isolamento.

Il dubbio, secondo alcuni, sarebbe corroborato dal venir meno, dopo il 30 aprile scorso, della norma che qualificava come dispositivi di protezione individuale le mascherine chirurgiche (articolo 5 del decreto legge 24/2022). Si tratta di dubbi che non considerano adeguatamente un dato fondamentale.

L’articolo 29-bis del decreto legge 23/2020, tuttora in vigore, statuisce che «i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del Codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nei protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto-legge 16 maggio 2020 numero 33, nonché mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste».

Quindi, nella sostanza, i protocolli condivisi anti-Covid sono stati in qualche modo “legificati” e il mancato rispetto delle misure ivi previste è considerato violazione dell’obbligo di sicurezza contenuto nell’articolo 2087 del Codice civile, con tutto quello che ne consegue in termini di responsabilità, anche (ma non solo) risarcitoria, del datore di lavoro. Non si dimentichi, al riguardo, che l’infezione contratta sul luogo di lavoro è considerata infortunio.

Il consiglio

In un’ottica prudenziale, dunque, è certamente consigliabile mantenere l’obbligo di utilizzare le mascherine in tutte le ipotesi di condivisione degli ambienti di lavoro, con la sola eccezione (prevista nel Protocollo) delle attività svolte in isolamento. È del resto noto che i principi che animano la disposizione dell’articolo 2087 del Codice civile sono quelli della prudenza e della massima sicurezza possibile.

Né può riconoscersi fondamento all’ulteriore dubbio, da qualcuno avanzato, che il Protocollo anti contagio del 6 aprile 2021, sarebbe, per così dire, in scadenza al 30 giugno prossimo, con il conseguente venire degli obblighi ivi previsti, tra cui quello di utilizzo della mascherina. Il Governo e le parti sociali, incontratesi il 4 maggio 2022, non solo non hanno previsto alcuna data di scadenza del Protocollo, ma ne hanno al contrario riaffermato l’attualità anche dopo il venir meno dello stato di emergenza, considerata la persistenza dell’esigenza di contrasto al diffondersi del contagio.

La prossima scadenza

Hanno poi semplicemente convenuto (e di qui forse il sorgere dell’equivoco) «di fissare un nuovo incontro entro il prossimo 30 giugno per verificare l’opportunità di apportare i necessari aggiornamenti al testo del Protocollo connessi all’evoluzione della situazione epidemiologica e normativa». Ma ciò non significa che, qualora la data del 30 giugno passi senza aggiornamenti o modifiche, si possano ritenere automaticamente caducate le disposizioni del Protocollo. Del resto, l’aumento dei contagi che si registra proprio in questi giorni dovrebbe suggerire prudenza nell’abbandono delle misure di protezione nei luoghi di lavoro.

Aldo Bottini - 19 giugno 2022 – tratto da sole24ore.com

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