«Noi abbiamo una presenza importante sul territorio di Latina, in questo momento estivo in particolare. Anche perché stiamo partecipando a un piano europeo sull’emersione del lavoro sommerso che ci porta a fare il 20% in più di verifiche rispetto a quelle dell’anno scorso e a focalizzare solo sul contrasto del lavoro nero», ha dichiarato all’Adnkronos Paolo Pennesi, direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che ha aggiunto: «Il nanismo delle nostre imprese, come spesso viene definito, non aiuta perché questi fenomeni di lavoro nero sono più tipici di imprese piccole, poco strutturate. Le aziende grandi non danno problematiche di questo genere, ce ne sono altre ma non queste».
L’onda di indignazione
L’attenzione particolare riservata dagli ispettori alla provincia di Latina non è stata sufficiente per individuare prima dell’infortunio mortale una situazione di irregolarità. Rispetto alla quale il presidente del consiglio Giorgia Meloni si è augurata che «questa barbarie venga duramente punita» mentre i ministri del Lavoro, Marina Calderone, e dell’agricoltura, Francesco Lollobrigida, hanno sottolineato l’impegno del Governo su questo fronte e annunciato una riunione che si svolgerà venerdì 21 giugno con la partecipazione di sindacati, associazioni datoriali e soggetti pubblici competenti.
Le forze in campo
Attualmente l’Inl conta circa 2.300 ispettori ordinari, 860 ispettori tecnici a cui si aggiungono 520 Carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro. A breve dovrebbero aggiungersi altri 750 ispettori tecnici e nel 2024 dovrebbero essere effettuati complessivamente 101mila accessi ispettivi da parte dell’Inl, di cui oltre 36mila focalizzati sul lavoro nero, e altri 17mila a opera dei Carabinieri. Ma a fronte del numero di datori di lavoro attivi in Italia, in alcune aree c’è la probabilità di essere sottoposti a controllo una volta ogni dieci anni o più. Peraltro, sull’aumento dei controlli, tre mesi fa l’Fp-Cgil in un comunicato ha affermato, tra altre cose, che «non possiamo tornare schiavi della logica dei numeri se questa non garantisce un’effettiva tutela dei lavoratori».
Leggi e controlli, i nodi da sciogliere
Ci sono una serie di fattori, osserva Marco Omizzolo, sociologo Eurispes e docente di Sociopolitologia delle migrazioni all’università Sapienza: «Regole buone che abbiamo, come la legge 199 del 2016 sul caporalato, non vengono applicate completamente e ci sono leggi, come la Bossi-Fini, che codeterminano quanto accaduto in provincia di Latina. Inoltre non si effettuano abbastanza controlli, che non sono tecnologicamente evoluti e che dovrebbero essere continuativi e ispirati da una puntuale e precisa conoscenza di come è organizzato il fenomeno territorialmente, conoscenza che si raggiunge con continui corsi di formazione».
Matteo Prioschi - 21 giugno 2024 – tratto da sole24ore.com