Stampa

Il decesso del portiere ha una serie di rilievi importanti sotto il profilo della sicurezza sul lavoro e delle ricadute in ambito civile e penale. Rilievi che che devono mettere in guardia l’amministratore a gestire in modo corretto il rapporto di lavoro, sino al suo esito anche luttuoso.

Alcuni esempi che possono essere significativi. È il caso della sentenza di Cassazione 9945 dell’8 maggio 2014, con cui la Suprema Corte ha confermato la condanna di un datore di lavoro a risarcire la famiglia di un dipendente, morto per un infarto attribuito, secondo la Ctu medico-legale, al troppo stress. In quella circostanza la famiglia del lavoratore aveva dimostrato il legame tra la morte e l’attività lavorativa, di 11 ore al giorno, e il datore non era riuscito a provare di aver preso tutte le precauzioni necessarie per impedire il verificarsi dell’evento: qualunque datore, amministratore di condominio compreso, ha il dovere di adoperarsi per garantire ai propri dipendenti di operare in una situazione che sia il quanto più possibile di benessere.

Sta all’amministratore anche il garantire la sicurezza e il rispetto delle norme antinfortunistiche (Dlgs 81/2008): se così non fosse, potrebbe doverne rispondere penalmente. Sempre la Corte di cassazione ha chiamato in causa un amministratore di condominio per la morte di un portiere caduto dalle scale durante le operazioni di pulizia, osservando che il parapetto non fosse dell’altezza indispensabile per una tutela efficace (Sentenza 22239 del 01/06/2011). Ed è recente l’iscrizione al registro degli indagati per ipotesi di omicidio colposo, di un amministratore, per la morte del portiere caduto nella tromba dell’ascensore.

L’amministratore dovrà evitare in modo tassativo di accettare qualsiasi prestazione di lavoro svolta all’interno del condominio a titolo gratuito o in nero: tali attività sono perseguite dalla legge e, qualora dovesse accidentalmente verificarsi un infortunio che fosse causa della morte della persona non pagata o pagata in nero, le conseguenze penali per il datore sarebbero gravi.

Sia nel caso di infortunio grave, che abbia come conseguenza la morte immediata del lavoratore (o che si suppone possa avere come conseguenza la morte), sia in caso di decesso naturale durante l’orario di lavoro (non per infortunio) il datore di lavoro deve comunicare all’Inail entro 24 ore l’avvenuto decesso.

La successiva incombenza consiste nell’accertarsi su chi siano gli aventi diritto a ricevere l’indennità di mancato preavviso e il Tfr (coniuge, figli, parenti entro il terzo grado ed affini entro il secondo, a carico del prestatore di lavoro). Qualora manchino gli aventi diritto, le stesse indennità dovranno essere corrisposte nel rispetto della successione legittima o alle persone espressamente indicate dal defunto nel proprio testamento. Se tra gli aventi diritto vi sono dei minorenni è indispensabile l’intervento del giudice tutelare, anche in presenza del genitore superstite.

Invece gli altri emolumenti, quali la retribuzione dell’ultimo periodo di paga non concluso, i ratei di mensilità aggiuntive, le indennità per ferie e permessi maturati e non goduti, dovranno essere cumulati nell’asse ereditario ed essere conseguentemente corrisposti agli eredi testamentari nella misura a ciascuno spettante.

Infine, se il defunto aveva diritto all’alloggio di servizio (portieri inquadrati- ad esempio - nel livello A2 o A4), va ricordato che i conviventi - inseriti da almeno sei mesi nello stesso stato di famiglia del lavoratore - hanno diritto al godimento dell’abitazione per i quattro mesi successivi alla morte (Ccnl Proprietari di Fabbricato, articolo 128). Poi, a fronte del rilascio dell’alloggio entro il termine, i conviventi riceveranno dal datore di lavoro un importo pari a 1.600 euro lordi, indipendentemente dalla causa del decesso. Da tener presente che per il periodo successivo ai quattro mesi l’amministratore, senza delibera dell’assemblea, può agire per il rilascio dell’immobile nei confronti del coniuge del portiere deceduto, che detenga l’unità immobiliare senza titolo (Cassazione, sentenza 7162/1991).

Vincenzo Di Domenico - 29 Marzo 2016 – tratto da sole24ore.com

Altre notizie