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I 28 stati dell’Unione europea dicono sì alla direttiva contro l’elusione fiscale delle aziende multinazionali. Anche se per arrivare al consenso unanime, necessario quando si tratta di tributi, non sono mancati i compromessi. Uno su tutti quello sulla quota degli interessi passivi fiscalmente deducibili, per i quali i paesi già dotati di una normativa specifica potranno continuare ad applicarla fino al 2024. Ma anche la cosiddetta «switch over rule» è venuta meno: l’idea originaria di tassare in modo ordinario i dividendi percepiti da società Ue qualora gli utili non avessero scontato un prelievo «adeguato» in capo alla società extra Ue erogante è tramontata di fronte al rischio, evidenziato da alcuni stati, di causare doppie imposizioni a carico delle proprie aziende. 
Questo l’esito della trattativa comunitaria, dopo che durante l’Ecofin di venerdì scorso non erano mancati contrasti di vedute sul testo della direttiva proposto dalla Commissione europea nel mese di gennaio. Era stato il Belgio, in particolare, a evidenziare che il regime di indeducibilità degli interessi passivi pagati infragruppo fosse più punitivo di quello raccomandato dall’Ocse nel pacchetto Beps. Da qui l’alleggerimento della misura e l’introduzione di un regime transitorio di cinque anni. 
Al termine di una procedura di silenzio-assenso, conclusasi senza osservazioni nella notte tra lunedì e martedì, si è formato così il consenso politico sul provvedimento, con alcune modifiche nel merito e ulteriori richieste a Bruxelles, anche in materia di Iva e strumenti finanziari ibridi extraeuropei.

Valerio Stroppa - 22 giugno 2016 – tratto da Italia Oggi

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