Stampa

 

Non solo un modo per conciliare vita e lavoro, ma una frontiera per vincere la sfida della produttività. Lo smart working, che si prepara a diventare legge dello Stato, ha l’ambizione di presentarsi come asse portante di un nuovo modo di interpretare l’occupazione, e di conseguenza l’efficienza del processo produttivo. Non solo, quindi, una concessione per lavoratori sull'orlo di una crisi di nervi ma uno strumento prezioso, che se ben usato, farà da ponte ai mestieri del futuro.

Seguendo questo tracciato, il testo, che ha avuto il via libera della Commissione Senato e necessita un ultimo passaggio parlamentare, destina spazio e approfondimento ai diritti e doveri dei nuovi lavoratori. E il cambio di prospettiva non è da dopo, soprattutto per chi non appartiene alla generazione millenials: si tratta di entrare in un’ottica per cui gli addetti - che non hanno vincoli d’orario e obbligo di postazione fissa - possano essere considerati alla pari dei lavoratori che frequentano quotidianamente l’ufficio.

«Se il sistema funziona - spiega Francesco Seghezzi, ricercatore Adapt - l’azienda ci guadagna in termini di produttività. Il datore di lavoro risparmia sulle spese di gestione degli spazi e sulle spese per l’energia. Ma ci guadagnano tutti: pensiamo solo all’abbattimento dell’inquinamento, che deriva dal viaggio di andata e ritorno dall’ufficio. Senza dimenticare la riduzione di stress e l’aumento di benessere del lavoratore». Ma le regole del nuovo lavoro vanno studiate col bilancino perché il lato oscuro della medaglia potrebbe essere più nocivo dei benefici. «Chi lavora da remoto corre alcuni rischi dai quali deve essere messo al riparo - continua Seghezzi -. La creatività che deriva dal lavorare in team, ad esempio, è un valore aggiunto che può essere recuperato con connessioni e piattaforme di scambio adeguate». Per un dipendente, perché questo rimane lo smart worker, tagliare i ponti con l’azienda madre può essere controproducente. Le imprese devono possedere infrastrutture adeguate con cui condividere informazioni. Il timore di essere tagliati fuori da processi decisionali può essere così ridimensionato. 

Altro rischio all’orizzonte per i nuovi lavoratori potrebbe essere quello di sentirsi obbligati alla connessione digitale continua. In Francia, a questo proposito, è stato introdotto il diritto di disconnessione: norma recepita in Italia anche nelle ultime modifiche del testo. «Con un accordo aziendale tra dipendente e datore - aggiunge Seghezzi - è possibile stabilire regole che lascino tempi liberi dalla connessione con l'ufficio». Anche il diritto alla sicurezza del posto di lavoro e dell'attività connessa alla tipologia di lavoro per la legge in arrivo sono un diritto fondamentale. Sempre con un accordo tra azienda e lavoratore si potrà stabilire il diritto di visita di un operatore che certifica la sicurezza del luogo di lavoro e la buona salute del lavoratore stesso.

«Il vero salto culturale - commenta il ricercatore Francesco Seghezzi - è quello di abbandonare la vecchia logica fordista che prevede il controllo del datore sul lavoratore. Lo smart working porta con sé una concezione diversa del dipendente: se c'è una logica di autonomia, il controllo può essere finale e prescindere dai passaggi intermedi, che risultano ormai costi accessori». Questo poi apre diverse prospettive sulla remunerazione, che può essere premiale in base al risultato. «In quanto dipendente il lavoratore ha diritto allo stipendio per contratto, ma se la produttività è alta può essere inserita una variante di premio in base ai risultati», aggiunge il ricercatore.

L’ufficio oggi non è più un luogo fisso. Operatori di banca che gestiscono portafogli clienti, impiegati assicurativi, programmatori informatici possono lavorare con lo smart working. Con gli strumenti adeguati persino la catena di montaggio può essere riparata da remoto.

«Il lavoro agile però non va confuso con il telelavoro, che è una prestazione svolta da casa e regolata da una direttiva europea - commenta Maurizio Sacconi, presidente della Commissione lavoro in Senato e relatore del disegno di legge -. Il testo che abbiamo definito prevede che la prestazione dello smart worker venga eseguita senza la rigida determinazione di tempo e luogo. E questa è una intuizione che può aiutarci a comprendere ed abbracciare il cambiamento del lavoro dei prossimi anni». Con un’attenzione particolare ai nuovi lavoratori «che debbono potersi avvalere di tre diritti fondamentali: quello alla sicurezza, quello alla disconnessione e quello alla formazione in modo tale da dominare al meglio le proprie competenze».

Cristina Gamba – tratto da sole24ore.com  

 

Altre notizie