Obbligo per tutti dal 15 ottobre. Ultimi 18 giorni per organizzare i controlli sulle certificazioni e individuare i responsabili in ogni struttura

Da lasciapassare nato prima dell’estate per viaggi e spostamenti a strumento indispensabile per lavorare. È la parabola compiuta dal green pass anti Covid-19 negli ultimi cinque mesi: grazie a tre distinti decreti arrivati da fine luglio in poi, ben otto disposizioni sono andate ad aggiungersi alla norma base, l’articolo 9 del Dl 52/2021. Il punto di arrivo è che, dal 15 ottobre, quasi 23 milioni di lavoratori dovranno avere la certificazione verde - che attesta la vaccinazione, la guarigione dal Covid o un tampone negativo - per poter accedere ai luoghi dove lavorano.

La platea si è ampliata progressivamente, includendo prima i medici e gli infermieri (dal primo aprile), poi il personale di scuola e università (dal primo settembre) e i lavoratori di mense e pulizie scolastiche (dall’11 settembre), infine gli addetti delle Rsa (dal 10 ottobre), per arrivare a coprire tutti i dipendenti pubblici e privati. Una tale stratificazione di norme, concentrata in un arco temporale così ristretto, ha reso il quadro degli obblighi e dei controlli tutt’altro che pacifico.

I dubbi nella Pa: dalla scuola ai lavoratori in smart working

Per un dubbio che sembra sciolto - e cioè che l’introduzione di un obbligo generalizzato per il pubblico impiego non cancelli le norme ad hoc introdotte in precedenza per sanità, scuola e università - ce ne sono altri ancora in piedi. A partire dalla disparità di trattamento che vede coinvolti (sulla carta) i prof e i collaboratori scolastici, da un lato, e il resto degli statali. Mentre per i primi, al quinto giorno anche non consecutivo di assenza, scatta la sospensione dal servizio e dallo stipendio, i secondi si vedranno interrompere solo la retribuzione.

Inoltre, come rileva Sandro Mainardi, ordinario di Diritto del lavoro all’Università di Bologna, «resta da capire, dato il flusso di informazioni verso gli uffici che dovranno registrare le “assenze ingiustificate” dei dipendenti, come le amministrazioni, soprattutto quelle minori, possano far fronte all’adempimento con le proprie risorse umane, finanziarie e strumentali, a invarianza di spesa».

A rigore poi, poiché l’obbligo per il lavoratore è di avere il green pass oltre che di esibirlo, dovrebbe averlo anche chi è in smart working, soprattutto se entra in determinati giorni nel proprio luogo di lavoro. Pur essendo «pacifico - aggiunge Mainardi - che il mancato possesso del green pass non possa essere criterio di adibizione allo smart working».

Nelle Faq sul green pass aggiornate il 27 settembre, il Governo fa sapere che chi lavora sempre in smart working non dovrà avere la certificazione anti-Covid, che «serve per accedere ai luoghi di lavoro. In ogni caso - aggiunge però Palazzo Chigi - lo smart working «non può essere utilizzato allo scopo di eludere l’obbligo di green pass».

I nodi nel privato tra controlli e sanzioni

Anche i datori di lavoro privati hanno due settimane per organizzarsi in vista dei controlli da fare, preferibilmente all’ingresso dei lavoratori, come richiede il Dl 127/2021. La verifica del green pass va fatta tutti i giorni: per tutelare la privacy, infatti, il datore non può tenere un registro nel quale sia indicato quanti dipendenti siano vaccinati e quale sia la scadenza del green pass per ciascuno. «La verifica potrebbe diventare onerosa nei luoghi di lavoro con tanti punti di accesso o con diverse filiali e con i lavoratori impiegati su più turni, come nella grande distribuzione», fa notare l’avvocata giuslavorista Valentina Pepe.

I datori fino a 15 dipendenti, poi, potranno sospendere i lavoratori senza green pass dopo il quinto giorno di assenza (mentre la sospensione non è prevista negli altri casi del lavoro privato) se intendono sostituirli con un altro lavoratore, ma solo fino a un periodo massimo di 20 giorni. Una disposizione che necessita di qualche chiarimento, perchè sembra che la sospensione diventi legittima solo in caso di sostituzione.

Per mancato controllo, i datori rischiano una sanzione da 400 a mille euro. Vale la pena, dunque, prepararsi a dimostrare di aver messo in campo l’organizzazione necessaria alle verifiche e di aver individuato formalmente i responsabili. Sempre nelle Faq del Governo, si legge che le aziende che effettueranno le verifiche a campione sui dipendenti previste dalla legge non incorreranno nelle sanzioni, nel caso in cui un controllo delle autorità dovesse riscontrare la presenza di lavoratori senza green pass, «a condizione che i controlli siano stati effettuati nel rispetto di adeguati modelli organizzativi come previsto dal decreto legge 127 del 2021».

E.Bruno/V.Melis - 28 settembre 2021 – tratto da sole24ore.com

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