Il transito, nel rispetto delle regole, non può comunque essere impedito. Ammesso l’allontanamento per disturbo dei condòmini o nei casi di pericolosità

Post covid e aggressività. È sotto gli occhi di tutti la difficile fase, non solo geopolitica, che stiamo attraversando. Anche nei rapporti interpersonali, infatti, la distanza post pandemica è come se ci avesse allontanati più di prima. A risentirne, e non poco, è il condominio, luogo condiviso per legge e perciò fonte di liti, spesso scatenate per motivi futili. Il possesso degli animali è senz’altro uno dei più diffusi.

La legge di riforma del condominio (220/2012), tra le altre novità, ha modificato l’articolo 1138 del Codice civile: nessun regolamento condominiale può più vietare a un condomino di possedere o detenere animali domestici. Questo in considerazione del ruolo che l’animale di compagnia sempre più ricopre in ambito familiare.

Ciò detto, andranno comunque rispettate le regole sulla convivenza condominiale che potrebbero portare all’allontanamento dell’animale se questo disturba oggettivamente gli altri condòmini o se risulta pericoloso per la salute e l’incolumità pubblica.

Un regolamento di natura contrattuale può avere tra le limitazioni imposte quello della detenzione di animali? La clausola, apposta ante riforma perde di efficacia nelle abitazioni private come detto, ma potrebbe essere valida negli spazi comuni dove è comunque evidente che il cane o il gatto di appartamento possano sempre transitare, entrare in ascensore, in cortile o sulle scale, sotto la stretta vigilanza del proprietario.

Le regole da seguire

Prendiamo ad esempio un cane di qualunque dimensione:

il proprietario non deve lasciarlo libero nelle aree comuni senza guinzaglio, il più indicato è quello corto da 1,50 metri;

in ascensore il cane deve indossare la museruola;

inoltre, non va dimenticato che il cane (come anche il gatto) deve essere registrato all’anagrafe, avere un microchip ed essere vaccinato. 

La responsabilità penale

Il padrone è responsabile anche penalmente della condotta del cane e più di una pronuncia si è occupata anche quest’anno in Cassazione del tema.

Con la sentenza 1413/2023, la Suprema corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del proprietario di un pastore tedesco condannato per il reato dell’articolo 590 Codice penale (lesioni personali colpose) anche al risarcimento del danno perché il cane usciva dal cancello della sua abitazione e si avventava contro un cagnolino e la sua proprietaria, mordendola e facendola cadere per terra. Stessa sorte (sentenza Cassazione 2286/2023) per il proprietario del cane a cui era sfuggita la custodia e che aveva aggredito due persone.

Il cartello segnalatore

Va anche precisato che il cartello segnalatore non ha valore esimente. In sostanza «la responsabilità del proprietario di un animale per le lesioni causate a terzi dall’animale stesso può essere affermata ove si accerti in positivo la colpa in forza dei parametri, stabiliti in tema di obblighi di custodia, dall’articolo 672 Codice penale, nonostante l’intervenuta abrogazione di detto articolo» (Cassazione, sentenza 43420/2009).L’articolo in realtà è stato riformulato, e riguarda l’omessa custodia e il malgoverno degli animali.

Su questo fronte, che riguarda per analogia anche il condominio, val la pena richiamare un’altra pronuncia non recente, sempre della Suprema corte, la 17133/2017, la quale ha precisato che l’apposizione, bene in vista, al cancello di ingresso di una villetta, di un cartello «Attenti al cane» non è sufficiente a escludere la responsabilità del padrone per il comportamento violento dell’animale.

G.Benedetti/A.D'Ambrosio - 13 dicembre 2023 – tratto da sole24ore.com

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