Finisce l’era del superbonus. L’approdo in Gazzetta ufficiale della legge di conversione del decreto Salva-spese (Dl 212/2023) segna la conclusione di un’epoca. Senza entrare nella contesa tra detrattori e sostenitori della misura, è oggettivo che, con circa 107 miliardi di spese ammesse a detrazione, la maxi-agevolazione a partire da metà del 2020 è stata il cardine di tutto il sistema dei bonus dedicati all’edilizia. Nelle case degli italiani e nelle assemblee condominiali, per molti mesi, parlando di ristrutturazioni la domanda è stata quasi sempre una: «Possiamo accedere al superbonus?». In caso di risposta negativa, si ragionava sulle altre opportunità a disposizione.
Nel 2024 questa prospettiva cambia radicalmente. Il decreto 212/2023, infatti, nonostante le richieste, gli auspici e tutte le discussioni andate in scena negli ultimi giorni del 2023, non ha portato proroghe o riaperture dei termini, anche in forma ridotta con il cosiddetto “Sal straordinario”. Anzi, ha portato soprattutto ulteriori restrizioni per i lavori di rimozione delle barriere architettoniche. E non è stato modificato, in nessun modo, nel corso del suo passaggio parlamentare. Il superbonus non esce così completamente di scena, ma diventa uno sconto ordinario: quest’anno al 70% e l’anno prossimo al 65 per cento.

Le strade da battere

Quindi, chi affronta un lavoro quest’anno dovrà fare i conti con un quesito nuovo: «Come posso massimizzare i benefici fiscali, anche se non ho più a disposizione il 110% o il 90%?». La risposta è piuttosto articolata. L’analisi degli sconti ancora attivi dice chiaramente che le opportunità sono molte e che non vanno molto lontano dal 90% disponibile nel 2023 per il superbonus. Il sismabonus può raggiungere l’85%, l’ecobonus per i lavori condominiali il 75%, come il bonus barriere architettoniche per rampe, ascensori, scale, servoscala e piattaforme elevatrici. Combinando gli sconti, insomma, il beneficio potrebbe essere significativo.

Il mondo senza cessioni

Anche se, quest’anno, bisognerà tenere in considerazione una variabile in più. Insieme al superbonus, infatti, il 2024 dirà addio anche alla cessione del credito e allo sconto in fattura.
L’unica strada per utilizzare le agevolazioni, insomma, sarà la detrazione in dichiarazione dei redditi. Questo porterà almeno due problemi.
Il primo è legato alle dinamiche interne ai condomini. Cessione e sconto sono nate come anticipazioni essenziali a sbloccare le opere in quelle situazioni nelle quali era più difficile farle partire. Il caso è frequentissimo: in molti condomini ci sono proprietari incapienti (quindi, senza possibilità di portare in detrazione i bonus) e senza liquidità. Per loro diventa difficile prendere parte a un’operazione di riqualificazione pesante del proprio fabbricato, anticipando le spese. Al di là dei giochi di maggioranze c’è una difficoltà pratica: senza coinvolgere questi condomini, il pericolo in molti casi è di non essere in grado di far partire le ristrutturazioni.
Anche perché a disposizione degli incapienti, se parliamo di superbonus, ci sarà uno strumento che non si annuncia particolarmente efficace: si tratta del fondo, già sperimentato nel passaggio dal 110% al 90%, per compensare parte delle spese effettuate. Al suo primo round di utilizzo ha totalizzato poco più di tre milioni di richieste (su un totale di 20 potenziali); adesso sul tavolo ci sono circa 16 milioni. A rendere problematico l’accesso al fondo è, principalmente, il fatto che i contribuenti dovranno anticipare le spese e, poi, fare richiesta di una compensazione. Un meccanismo che appare piuttosto impervio per chi ha scarsa liquidità.
L’altra difficoltà generata dall’assenza di cessione e sconto risiede nel fatto che sopportare il peso delle detrazioni, guardando ai dati sulle dichiarazioni dei redditi, non è semplice: molti cittadini potrebbero non avere le imposte necessarie a sfruttare questa strada.
Un esempio aiuta a capire: 40mila euro di lavori per la messa in sicurezza di un immobile, con una detrazione di sismabonus all’80%, producono 6.400 euro di detrazione all’anno. Guardando le statistiche relative all’anno di imposta 2022, per sopportare questo carico di sconti fiscali serve un reddito nell’ordine dei 35mila euro annui. Sotto questa soglia ci sono circa 35 milioni di contribuenti, sopra sono poco meno di 6 milioni. In altre parole, importi di spesa molto elevati rischiano di far sballare i conti, rendendo inefficace lo strumento della detrazione. Quindi, dopo avere scelto lo sconto più alto, bisognerà anche analizzare le proprie dichiarazioni dei redditi per verificare di avere a disposizione imposte sufficienti a utilizzarlo.

Il peso del calendario

Dopo avere studiato le dichiarazioni, bisognerà poi dare uno sguardo al calendario. Se negli anni scorsi il problema delle scadenze era finito ai margini, perché per molti bonus c’era davanti un orizzonte pluriennale, nel 2024 cambia tutto. A fine anno, infatti, quasi tutte le agevolazioni attualmente in vigore chiudono il loro percorso. Scadono il bonus ristrutturazioni (che torna al 36%), l’ecobonus in tutte le sue forme, il sismabonus, il bonus mobili e il bonus giardini. Sono già confermati nel 2025 solo il superbonus (al 65%) e il bonus barriere architettoniche.
È soprattutto per i lavori condominiali, allora, che bisognerà fare attenzione alla programmazione. Avviando a febbraio 2024 una ristrutturazione complessa di un edificio con più appartamenti, non è detto che le opere arrivino a conclusione entro la fine dell’anno.
Chi non completa i lavori nel 2024 avrà, in ogni caso, a disposizione la exit strategy dell’anticipo dei pagamenti.
Effettuando i bonifici entro il 31 dicembre, visto che per le persone fisiche vale il principio di cassa, lo sconto sarà salvo. Le esperienze recenti, ad esempio sul bonus facciate, dicono però che non bisogna esagerare con gli anticipi. All’estremo, pagare per intero un lavoro ancora da realizzare magari dà l’illusione di avere salvato le detrazioni, ma in seguito può creare molti problemi in termini di contenziosi con l’impresa esecutrice.

Le prospettive dei bonus

Nonostante le scadenze programmate, non bisogna dare per scontato che nel 2025 non ci saranno più sconti fiscali. Guardando, però, le scelte fatte dall’esecutivo in questi mesi, va messo in conto che la prossima legge di Bilancio non si muova come era diventato consueto negli anni passati, cioè con una proroga secca degli sconti. Possibile, invece, che almeno in qualche caso si proceda a un rimescolamento dei requisiti che danno diritto alle agevolazioni. Anche perché nel frattempo entrerà a regime la direttiva Case green, che proprio in questi mesi sta completando il suo percorso in Europa. In quel testo sono previste diverse novità, soprattutto per l’incentivazione dei lavori che migliorano l’efficienza degli immobili.
Non è un caso, allora, che le molte proposte oggi sul tavolo puntino tutte a una rifondazione del sistema dei bonus. In Parlamento c’è un testo targato Lega e depositata da quattro deputati della commissione Finanze della Camera (Alberto Gusmeroli, Alberto Bagnai, Laura Cavandoli e Giulio Centemero). Il suo obiettivo è calibrare le agevolazioni in base alle disponibilità economiche, facendo distinzione tra capienti e non capienti. Se un cittadino è fiscalmente capiente, avrà a disposizione uno sconto fiscale del 60%, utilizzabile da cinque a venti anni. Se, invece, non è capiente potrà arrivare fino al 100%, avendo a disposizione anche sconto in fattura e cessione del credito.
Un’altra proposta di legge firmata da Erica Mazzetti (Forza Italia) prevede una detrazione del 90% per gli interventi di riqualificazione di edifici che assicurino determinati livelli di efficientamento energetico e una detrazione variabile tra il 60 e il 90%, a seconda dei livelli di miglioramento, per i lavori di messa in sicurezza antisismica. Per i livelli più bassi di reddito è previsto anche l’utilizzo di cessione del credito e sconto in fattura. Per l’opposizione c’è da citare la proposta del M5S (primo firmatario Agostino Santillo) che adotta un meccanismo simile: da una detrazione base si passa a una percentuale crescente in base al tipo di intervento.
Ma proposte di riforma, nei mesi scorsi, sono arrivate anche dal mondo produttivo. A partire dall’Ance, che ha proposto due livelli di sconto (70% per tutti e 100% solo per gli incapienti), incentivi concentrati sui lavori di riqualificazione, sia sismica che energetica, di interi edifici, per i quali andranno ripristinati cessione del credito e sconto in fattura, e l’attivazione di un fondo di garanzia per l’erogazione di mutui verdi, che andranno a coprire la quota di spese non agevolata.

21 febbraio 2024 – tratto da sole24ore.com

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