Contatore di durata azzerato al 4 maggio ai fini della verifica della necessità di una causale per nuovi contratti a termine, per proroghe e rinnovi. Infatti, il datore di lavoro che dal 5 maggio instaura un nuovo contratto a termine o proroga o rinnova un precedente rapporto a termine già in essere a tale data, per verificare il superamento dei 12 mesi (e dunque se è necessaria la causale per la legittimità del rapporto a termine) deve considerare soltanto i periodi di lavoro a termine intercorsi dal 5 maggio, a nulla rilevando quelli passati. A sostenerlo è la Fondazione studi dei consulenti del lavoro in un approfondimento del 3 agosto sulle novità in materia di contratto a termine introdotte dal decreto Calderone (dl 48/2023) e dalla legge 85/2023 di conversione.

La riforma del contratto a termine.

Il contratto a termine è un contratto di lavoro subordinato che, a differenza di quello ordinario per legge (a tempo indeterminato), dà facoltà di fissare la durata al nascente rapporto di lavoro. Dopo il decreto Calderone, in vigore dal 5 maggio, spiega la Fondazione, la regola sottostante al contratto a termine è la seguente: a) può essere apposto un termine di durata non superiore a 12 mesi (c.d. periodo a-causale); b) può avere una durata superiore (a 12 mesi), ma comunque non eccedente i 24 mesi, solo in presenza di una delle condizioni di legge (c.d. causali); c) è possibile utilizzare l’istituto della proroga per massimo quattro volte nell’arco di 24 mesi, a prescindere dal numero dei contratti. Le condizioni (ipotesi b precedente) sono le seguenti: a) casi previsti dai contratti collettivi; b) in assenza di previsioni nei contratti collettivi, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti; c) in sostituzione di altri lavoratori. Vale la pena ricordare che se la durata supera 24 mesi, cosa vietata, il rapporto si converte a tempo indeterminato. Rinnovi con più libertà. Fino al 4 maggio la facoltà di sottoscrivere contratti a termine fino a 12 mesi senza causale era circoscritta alla prima assunzione e alle successive proroghe, non agli eventuali rinnovi. Così anche dopo il decreto Calderone (5 maggio) e fino alla conversione (4 luglio), quando la legge 85/2023 ha esteso la facoltà anche ai rinnovi. Oggi, pertanto, spiega la Fondazione, il contratto può essere non solo prorogato, ma anche rinnovato liberamente nei primi 12 mesi; dopo 12 mesi (e fino a 24 mesi), solo in presenza di una causale.

“Contatore" azzerato.

La legge 85/2023 stabilisce, inoltre, che, ai fini del computo dei 12 mesi, si tiene conto solo dei contratti a termine stipulati dall’entrata in vigore del decreto Calderone, quindi dal 5 maggio. Secondo la Fondazione la nuova norma va intesa nel senso che quando s’instaura un nuovo rapporto a termine (o anche una proroga o rinnovo di altro contratto già in essere), ai fini della verifica del superamento dei 12 mesi, e dunque della necessità di prevedere una causale, rileva solo il periodo intercorso dopo il 5 maggio, essendo del tutto indifferente l’eventuale presenza di un precedente rapporto. Ciò, evidentemente, sempre nel rispetto della durata massima di 24 mesi (oltre c’è divieto). Secondo la Fondazione, inoltre, l’interpretazione è preferibile a quella secondo cui la deroga vada riferita alla sola fattispecie dei “rinnovi”.

Daniele Cirioli – 04 agosto 2023 – tratto da Italia Oggi

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