In arrivo nuove tutele per 40 milioni di lavoratori delle piattaforme digitali in Europa. Nessuno potrà essere licenziato da un algoritmo. Una presunzione di lavoro subordinato in presenza di elementi di direzione e controllo. La presunzione, però, scatterà «secondo le normative nazionali e i contratti collettivi vigenti». L'onere della prova sarà in capo alla piattaforma. Pronte, infine, le prime norme europee sull'uso dell'Intelligenza artificiale sul posto di lavoro. Questi alcuni dei punti principali della direttiva Ue per i lavoratori delle piattaforme digitali, sulla quale ieri le istituzioni comunitarie (Consiglio e Parlamento) hanno trovato un accordo definitivo dopo che il testo si era arenato lo scorso 22 dicembre, al momento della ratifica finale. Per entrare in vigore, il testo concordato dovrà ora essere adottato formalmente sia dal Parlamento che dal Consiglio.

La direttiva per i lavoratori delle piattaforme digitali

È stato raggiunto un compromesso rispetto al provvedimento in discussione a dicembre, con alcuni passaggi che sono stati resi meno restrittivi. In generale, la direttiva mira ad arrivare a una definizione chiara e non ambigua dello status dei lavoratori della piattaforma, combattendo il lavoro autonomo fittizio. Quindi, nel caso siano presenti elementi di direzione e controllo da parte del datore di lavoro, si presumerà un rapporto subordinato. La stretta, tuttavia, è meno rigida di quella del testo originario, visto che si demanda comunque la presunzione alla legislazione nazionale o alla contrattazione vigente nel paese. In ogni caso «stabilendo una presunzione effettiva, gli stati membri faciliteranno la lotta al lavoro autonomo fittizio», si legge nella nota diffusa dal Parlamento europeo. L'onere della prova, come accennato, spetterà alla piattaforma.

Gli stati membri dovranno «correggere lo squilibrio di potere tra la piattaforma e la persona che svolge il lavoro tramite piattaforma». Per tutti vale il principio per cui nessun lavoratore può essere licenziato sulla base di una decisione presa da un algoritmo o da un sistema automatizzato. Le piattaforme dovranno garantire il controllo umano sulle decisioni «che influiscono direttamente sulle persone che lavorano».

Un altro elemento centrale della direttiva è la protezione dei dati personali. Alle piattaforme sarà, infatti, vietato trattare alcuni tipi di informazioni, come quelli relativi alle convinzioni personali o concetti ripresi da scambi privati con altri colleghi. Sarà obbligatorio spiegare nel dettaglio a tutti i propri dipendenti come funzionino gli algoritmi e quale sia l'impatto del comportamento del lavoratore sulle decisioni prese dal sistema.

«Dopo molte ore di negoziati possiamo annunciare l'arrivo dell'accordo», le parole della relatrice della proposta, l'italiana Elisabetta Gualmini (Pd). «È un testo equilibrato che tutela i lavoratori, i datori di lavoro “buoni” e che prevede condizioni di parità a livello Ue. Per la prima volta, inoltre, avremo norme europee sulla gestione degli algoritmi sul posto di lavoro. Ci siamo assicurati che fino a 40 milioni di lavoratori tramite piattaforme digitali in Europa abbiano accesso a condizioni di lavoro eque».

Più di 500 piattaforme di lavoro digitale e oltre 28 milioni di impiegati

Nella nota diffusa ieri dal Parlamento sono illustrati i numeri relativi all'intero universo dei lavoratori delle piattaforme in Europa. Si parte da un'analisi della Commissione Ue del 2021 che ha rilevato come siano attive più di 500 piattaforme di lavoro digitale e che il settore impiega oltre 28 milioni di persone, una cifra che dovrebbe raggiungere i 43 milioni entro il 2025. Attualmente, ci sono almeno 5 milioni di persone che non sono inquadrate correttamente e che rientrano nella definizione di «lavoro autonomo fittizio». Le nuove tutele, come confermato da Gualmini, dovrebbero coprire tutti i 43 milioni di operatori.

Michele Damiani - 09 febbraio 2024 – tratto da Italia Oggi

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