La nuova co.co.co. etero-organizzata sdogana i «finti dipendenti». Lavoratori, cioè, arruolati da collaboratori, ma che fruiscono delle prerogative dei dipendenti (retribuzioni, contribuzioni, ferie, Tfr ecc.) tranne una: la tutela sui licenziamenti. L'ampliamento dei confini dell'«etero-organizzazione», infatti, rende più conveniente e meno rischioso reclutare collaboratori invece che dipendenti. La novità arriva dal nuovo art. 2 del dlgs n. 81/2015 introdotto dal decreto crisi, sulla cui conversione in legge ieri il senato ha votato la fiducia.

Collaborazioni a due vie. Dal 1° gennaio 2016 le co.co.co. sono sdoppiate. La prima è la co.co.co. tradizionale circoscritta a pochissimi casi: professioni con albo; partecipazioni a collegi e commissioni; amministratori, sindaci e revisori ecc. La seconda è la co.co.co. etero-organizzata, con questa particolarità: consiste in prestazioni di lavoro «esclusivamente» personali e continuative, la cui modalità di esecuzione è organizzata dal committente «anche in relazione ai tempi e al luogo di lavoro». La prima co.co.co. è disciplinata alla maniera tradizionale (Inps gestione separata ecc.); la seconda è destinataria della stessa disciplina del lavoro subordinato (è la novità introdotta dall'art. 2 del dlgs n. 81/2015).

Le novità. Il decreto crisi interviene sulla co.co.co. etero-organizzata con due modifiche all'art. 2 del citato dlgs n. 81/2015. La prima riguarda il requisito delle prestazioni: è sufficiente ora che siano «prevalentemente» personali e non più «esclusivamente»; la seconda il requisito di organizzazione: le modalità esecutive sono organizzate dal committente, senza necessità che lo siano «anche» per i tempi e il luogo di lavoro (di fatto, dunque, la disciplina dell'art. 2 viene estesa anche ai casi in cui l'organizzazione del committente non riguarda le modalita dei tempi e luogo).

Cresce l'appeal. Il citato art. 2 individua il terzo genere di «rapporto» di lavoro che si pone tra il subordinato (art. 2094 codice civile) e la co.co.co. tradizionale (art. 409, n. 3, codice procedura penale), al fine di dare maggiori tutele a nuove fattispecie di lavoro che, a causa di nuove tecnologie, si vanno sviluppando (sentenza n. 26/2019 della Corte d'appello di Torino). La norma, infatti, dà definizione del concetto di «etero-organizzazione» fornendo al committente il potere di fissare le modalità di esecuzione della prestazione del collaboratore (prima dovendo anche fissare i tempi e luoghi di lavoro; non più dopo le modifiche del decreto crisi), senza però sconfinare nel potere gerarchico e disciplinare (cosiddetta «etero-direzione» che è tipica della subordinazione). Le maggiori tutele scaturiscono dall'applicazione della disciplina del lavoro dipendente alla co.co.co. etero-organizzata, le cui prestazioni però continuano a mantenere la loro natura «autonoma». Infatti, il collaboratore etero-organizzato resta tecnicamente «autonomo», ma per ogni altro aspetto, e in particolare per quel che riguarda sicurezza e igiene, retribuzione, limiti di orario, ferie e previdenza, il suo rapporto è regolato allo stesso modo dei dipendenti, tranne che per la tutela dei licenziamenti. Le novità sembrano fornire più appeal all'arruolamento di «finti dipendenti» attraverso collaborazioni etero-organizzate, rispetto alle normali assunzioni. Operazione che, per il fatto che il «campo» di applicazione risulta ora molto più esteso, appare pure meno rischiosa.

Daniele Cirioli – 24 ottobre 2019 – tratto da Italia Oggi

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