Per un avvocato che esercita l'attività nella propria casa, l'immobile può essere considerato strumentale, anche solo parzialmente? È quindi possibile dedurre il costo di acquisto della casa ed eventuali spese di manutenzione sostenute? Per poter dedurre i costi relativi all'immobile è sempre necessario identificare in modo univoco gli ambienti utilizzati per l'attività?
Inoltre vorrei sapere se – nell'ipotesi di vendita dell'immobile per poi acquistarne uno più ampio – converrebbe di più stipulare un contratto di mutuo o di leasing. 
Un altro dubbio riguarda l'eventuale Iva addebitata per operazioni relative all'immobile: può essere detratta o no? E le fatture ricevute devono per forza avere il numero di partita Iva del legale?

M.P. - REGGIO EMILIA

La casa-studio non è immobile strumentale, ma «a uso promiscuo». Infatti, secondo l'articolo 43, comma 2, del Tuir – ai fini delle imposte sui redditi – si considerano strumentali gli immobili utilizzati esclusivamente per l'esercizio di arti e professioni. Nell'ambito del reddito di lavoro autonomo, nulla vieta che si tratti di un'abitazione, ma dovrebbe essere effettivamente usata solo come studio professionale: in pratica, vale il principio della strumentalità per destinazione. Quindi, se un immobile viene usato sia come abitazione che come studio, non potrà essere considerato strumentale, ma a uso promiscuo.
Quanto alle diverse implicazioni fiscali, l'articolo 54, comma 3, del Tuir stabilisce che per gli immobili promiscui spetta la deduzione del 50% della rendita catastale, a condizione che il professionista non disponga nel medesimo Comune di un altro immobile adibito esclusivamente all'esercizio dell'attività. Non rileva, pertanto, il periodo in cui è avvenuto l'acquisto dell'immobile. In questo senso va anche una risposta all'incontro Map del 31 maggio 2012 (poi trasfusa nella circolare 12/E/2013): le Entrate, infatti, non fanno alcuna menzione circa la dipendenza della deduzione dal periodo d'acquisto. La conclusione cui è pervenuta l'Amministrazione non era del tutto scontata, vista l'incoerenza che si viene a creare con gli immobili strumentali: in caso di immobile esclusivamente strumentale acquistato (anche in leasing) a partire dal 2010, non è possibile portare in deduzione la rendita catastale (in tal senso anche la risoluzione 13/E/2010).
In sede di compilazione del modello Unico dovranno essere indicati:
- nel quadro RB l'importo della rendita catastale rivalutata del 5 per cento;
- nel quadro RN la deduzione per abitazione principale per il 50% della rendita (in senso conforme anche la circolare ministeriale 73/1994);
- nel quadro RE, in deduzione, il restante 50% della rendita catastale.
Acquisto e leasing 
In ogni caso non è possibile portare in deduzione il costo sostenuto per l'acquisto.
Se l'immobile promiscuo è stato acquistato tramite contratto di leasing, il trattamento risulta differente in base alla data di sottoscrizione del contratto:
1)entro il 14 giugno 1990, spetta(va) la deduzione del 50% dei canoni di competenza (con durata minima del contratto di otto anni);
2)dal 15 giugno 1990 al 2006, risulta deducibile solo il 50% della rendita catastale (non i canoni);
3)dal 2007 al 2009 è deducibile il 50% dei canoni di competenza (con contratto di almeno 15 anni);
4)dal 2010 non spetta alcuna deduzione.
La legge di stabilità 2014 ha poi reintrodotto (per i contratti che sono stati stipulati dal 1° gennaio 2014) la possibilità di dedurre i canoni di leasing relativi agli immobili strumentali. La norma non specifica, invece, la possibilità di deduzione per gli immobili strumentali acquistati in proprietà. Una valutazione di tipo logico-sistematico, porterebbe a ritenere deducibili anche gli ammortamenti. Si attendono tuttavia chiarimenti ufficiali. Inoltre, l'intervento non ha riguardato il comma 3 dell'articolo 54, dove vengono trattati anche gli immobili promiscui. Sul punto, secondo Assilea sarebbe deducibile il 50% dei canoni (circolare 2/14).
Spese di manutenzione 
L'articolo 54, comma 3, del Tuir assicura poi la possibilità di dedurre al 50% le spese di ristrutturazione, ammodernamento e manutenzione, che per loro caratteristiche non sono imputabili a incremento del costo dei beni cui si riferiscono (di fatto sempre per gli immobili promiscui). Il 50% andrebbe calcolato considerando la regola prevista per i costi non capitalizzabili, indipendentemente dal periodo di acquisto dell'immobile: deduzione nel limite del 5% del valore dei beni strumentali nell'anno di sostenimento e dell'eventuale eccedenza, in quote costanti, nel quinquennio successivo. Tuttavia, anche qui sarebbe utile un chiarimento definitivo. Per gli immobili promiscui, la deduzione limitata al 50% delle spese citate opera a prescindere dalla porzione di immobile destinata allo svolgimento dell'attività.
I profili Iva 
Sul fronte Iva, secondo l'articolo 19-bis1 del Dpr 633/1972 – in deroga alla regola generale – non è ammessa in detrazione l'imposta relativa all'acquisto di fabbricati a destinazione abitativa, né quella relativa alla locazione o alla manutenzione, recupero o gestione degli stessi. Nonostante l'impossibilità di detrazione dell'Iva, è comunque opportuno che le fatture per queste spese riportino la partita Iva del professionista, per dare evidenza della loro inerenza e procedere con la loro deduzione (parziale).

Punto per punto

RISTRUTTURAZIONE E AMMODERNAMENTO 
Per le spese di ristrutturazione sostenute su immobili strumentali comprati entro il 2007, la circolare 47/E/2008 delle Entrate aveva richiamato la regola della deduzione in cinque quote costanti, mentre nulla è stato detto per gli immobili promiscui. La soluzione dell'Istituto di ricerca dottori commercialisti (circolare 1/IR/2008) richiama i costi non capitalizzabili: vale a dire, deduzione nell'anno nel limite del 5% del valore dei beni strumentali e dell'eventuale eccedenza nel quinquennio successivo.

Matteo Balzanelli - 25/08/2014 – tratto da sole24ore.com

 

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