L’eco che resta online quando un familiare muore può essere – oltre che dolorosa – molto problematica da gestire per i parenti, i quali, dopo essersi occupati dell’eredità “materiale”, dovranno fare i conti anche con quella “digitale”. Social network, account di posta elettronica, conti correnti online, blog: cosa succede a tutti questi “beni” quando l’utente muore? Questo è un problema sempre più rilevante, soprattutto in virtù dell’aumento dei beni virtuali che si possiedono.

Secondo un’indagine di McAfee, infatti, i beni virtuali che ogni utente memorizza sui dispositivi digitali valgono, in media, 35mila dollari. Ci sono le fotografie e i video, ma anche i dati finanziari e i lavori mai completati, come manoscritti e progetti. Tutto questo viene sempre più spesso conservato attraverso i “cloud”, ossia spazi virtuali a cui si accede tramite una password. E, di conseguenza, tutto questo rischia di andare perso se non si lascia a qualcuno la propria password. Il tema è così rilevante che è stato aperto un tavolo tecnico a cui partecipano il Notariato italiano, l’Università Bocconi di Milano, Microsoft, Google e lo studio legale Portolano Cavallo, al fine di trovare soluzioni condivise al problema dell’identità e dell’eredità digitale.

Il mandato post mortem
Per accedere al materiale virtuale del de cuius, ma anche per chiudere i suoi account sui social network, in modo da evitare la spiacevole trasformazione della pagina personale in una bacheca di frasi commemorative, è necessario che i familiari siano in possesso delle password. Per assicurarsi una “successione digitale” in linea con le proprie volontà, il Notariato italiano – che dal 2007 si occupa di eredità digitale – consiglia di ricorrere al mandato post mortem, uno strumento giuridico che consente di affidare a una persona di fiducia le proprie credenziali di accesso e di indicare le istruzioni su cosa fare in caso di decesso. «Attraverso questo strumento – spiega il notaio Ugo Bechini, ex coordinatore del gruppo di lavoro sulle nuove tecnologie del Notariato europeo – si può chiedere alla persona incaricata di distruggere in tutto o in parte i dati, oppure di consegnarli ad altri soggetti». Va però sottolineato che il mandato post mortem «non permette di alterare la destinazione dei beni, cosa per la quale resta necessario il testamento», specifica Bechini.

I social network
Attraverso questo mandato ci si può assicurare che vengano cancellati gli account personali presenti sui social network: avendo la password, la persona di fiducia può accedere ed eliminare la pagina su Facebook, Twitter o LinkedIn, per esempio. Se, invece, il mandato non c’è e quindi nessuno è a conoscenza della password, la cancellazione diventa più complicata. Nel caso di Facebook, i familiari hanno due possibilità: trasformare l’account in un account “commemorativo”, oppure cancellarlo del tutto. In entrambi i casi, la procedura online prevede che il soggetto indichi il grado di parentela con il defunto e invii a Facebook il certificato di morte. Anche Twitter consente di chiudere un account dimostrando la parentela e il decesso dell’utente.

Il servizio di LinkedIn, che permette di cancellare un account, prevede che un collega o un amico risponda ad alcune domande sulla persona scomparsa, compilato un modulo disponibile sul sito.

La posta elettronica
Stesso discorso vale per la posta elettronica, ma esistono alcune differenze rispetto ai social network: Yahoo, per esempio, permette agli eredi di chiudere un account, ma non di accedervi, per cui tutta la corrispondenza – compresi eventuali documenti archiviati – vengono persi. «Chi intendesse recuperarli – spiega Bechini – dovrebbe intraprendere una controversia negli Usa, visto che il provider è americano. Anche se la sentenza Google Spain potrebbe contribuire a cambiare le cose, visto che la Corte Ue ha chiarito che se il servizio viene erogato in un altro Paese, raccogliendo sul territorio proventi pubblicitari, si deve rispondere alla giustizia di questo Stato».

Gmail, il servizio di posta di Google, invece, ha una posizione più flessibile e valuta le richieste dei familiari dell’utente deceduto caso per caso. Ma, a dimostrazione dell’importanza di questo problema, Google ha lanciato il servizio “Inactive account manager”, che permette di dare indicazioni sulle sorti del proprio account in caso di morte. L’utente può personalizzare le proprie “volontà”, stabilendo a chi inviare le proprie password nel caso in cui – dopo un certo lasso di tempo – non si risponda a un alert e quindi si sia da ritenere deceduti.

Il servizio Hotmail di Microsoft consente agli eredi, invece, l’accesso alla casella di posta: per farlo sarà comunque necessario compilare una richiesta disponibile sul sito e integrarla con il certificato di morte e con un documento che certifichi il diritto del richiedente ad accedere alla casella.

I beni online
Il mandato post mortem può essere anche utile per informare una persona di fiducia dell’esistenza di un conto corrente online (e delle relative password). «Il mandatario, però – sottolinea Bechini – non potrà disporre del denaro depositato, che spetterà agli eredi, salvo precise indicazioni che devono essere date con un testamento».

Ma, nell’era digitale diventano virtuali anche beni come libri o dischi, che prima venivano ereditati dai familiari del de cuius. «Oggi la musica e gli ebook rappresentano un patrimonio consistente che però non è possibile trasferire agli eredi, in quando si tratta di diritti non trasferibili. Secondo il Notariato, però, la non trasferibilità deve essere intesa nel senso che non sono commercializzabili, ma devono poter essere trasmessi agli eredi, proprio come avviene per i libri e gli altri beni posseduti fisicamente».

Blog
Il web conserva anche i “diari” delle persone che utilizzano una delle tante piattaforme di blog per avere una pagina personale. Gli account legati a domini acquistati scadono annualmente e, nel caso non venga rinnovato il dominio, il blog viene cancellato. Diverso è invece il discorso per i blog gratuiti, che sfruttano le piattaforme come Blogger (di Google) o Wordpress: in questo caso il “diario” resta online. I familiari del blogger defunto possono chiuderlo solo se sono in possesso della password. In caso contrario, sarà necessario contattare il gestore: sia Blogger che Wordpress prevedono procedure di trasferimento della proprietà dell’account.

Francesca Milano - 22 dicembre 2014 – tratto da sole24ore.com

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