L'amministratore può anche essere revocato dall'autorità giudiziaria, in sede di volontaria giurisdizione. In particolare, secondo la legge di riforma, tra le condotte che legittimano la revoca giudiziale dell'amministratore, a norma dell'articolo 1129, comma 12, n. 1, del Codice civile, rientra «il ripetuto rifiuto dello stesso a convocare l'assemblea che debba deliberare sulla sua revoca e sulla nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge». Il ricorso può essere presentato da ciascun condomino, anche senza avere prima sottoposto la questione all'assemblea.
Stante la natura del procedimento, il ricorso del singolo condomino è ammissibile anche senza l'assistenza di un difensore (Tribunale di Napoli, 21 novembre 2007). Il patrocinio è obbligatorio solo per procedimenti di natura contenziosa, riguardanti controversie su diritti soggettivi (Cassazione, 30 giugno 1996, n. 6900).
Il provvedimento giudiziale di revoca va adottato sentito l'amministratore in contraddittorio con il ricorrente. Non si tratta però di un atto dovuto, bensì della facoltà, del condomino ricorrente e dell'amministratore, di chiedere la propria audizione, sicché quest'ultima non è condizione preclusiva dell'ulteriore svolgersi della procedura. In ogni caso, l'assenza o il comportamento non collaborativo dell'amministratore può essere apprezzato dal giudice come indice presuntivo della veridicità delle doglianze del ricorrente.
Dopo una cognizione sommaria il Tribunale, con decreto motivato, decide sulla revoca accogliendola o respingendola, con condanna alle spese del giudizio. Il Tribunale, ex articolo 741, secondo comma, del Codice di procedura civile, può anche disporre che il decreto abbia efficacia immediata, quando vi siano ragioni di urgenza (Cassazione, 1° febbraio 1990, n. 666). Contro il provvedimento si può proporre reclamo alla Corte d'appello, nel termine di 10 giorni non dalla notifica del provvedimento – come accadeva in passato – ma dalla sola comunicazione.
Il ricorso per Cassazione, ex articolo 111 della Costituzione, avverso il decreto di revoca dell'amministratore pronunciato della Corte d'appello è precluso, mentre è ammesso quello avverso la statuizione relativa alla condanna alle spese giudiziali per il procedimento di revoca e il successivo reclamo. Quanto alle spese della procedura, per il rinnovato articolo 1129, comma 11, del Codice civile, in caso di accoglimento della domanda di revoca, il ricorrente – per le spese legali – ha titolo di rivalsa nei confronti del condominio, che a sua volta può rivalersi verso l'amministratore revocato. 

MASSIME E SENTENZE 

Distacco vietato dal regolamento
Il condomino può distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione o approvazione degli altri condòmini, ma è tenuto a partecipare alle spese di gestione dell'impianto se, e nei limiti in cui, il suo distacco non si risolva in una diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condòmini. Non osta la natura contrattuale della norma impeditiva contenuta nel regolamento di condominio, poiché questo è un contratto atipico, le cui disposizioni sono meritevoli di tutela solo ove regolino aspetti del rapporto per i quali sussista un interesse generale dell'ordinamento.
(Cassazione, 29 settembre 2011, n. 19893)

Trasformazione prima della legge 10/1991
Prima dell'entrata in vigore dell'articolo 26, comma 2, della legge 10/ 1991, la trasformazione dell'impianto centralizzato di riscaldamento in impianti autonomi richiedeva l'approvazione all'unanimità, giacché l'abbandono dell'impianto centralizzato, la rinuncia alle precedenti modalità di riscaldamento, la destinazione a nuovo impianto di locale idoneo, la necessità di nuove opere e relativi oneri di spesa non potevano essere imposte al condomino dissenziente ex articolo 1120, comma 2, del Codice civile.
(Cassazione civile, sezione II, 23 febbraio 2007, n. 4219)

Installazione di impianti individuali
È illegittima la deliberazione dell'assemblea adottata a maggioranza delle quote millesimali (anziché con il consenso unanime di tutti i condòmini, richiesto dall'articolo 1120, comma 2, del Codice civile) con la quale si prevede la trasformazione dell'impianto di riscaldamento centralizzato in impianti unifamiliari e si autorizza ogni condomino a provvedere autonomamente a installare l'impianto che ritiene più opportuno, senza alcun riferimento al rispetto delle prescrizioni della legge 10/1991 per la riduzione dei consumi energetici.
(Cassazione civile, sezione II, 26 maggio 1999, n. 5117)

Silvio Rezzonico - 18/08/2014 – tratto da sole24ore.com

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