È legittimo il sequestro dei beni della società anche se i reati tributari sono stati commessi da un amministratore non più in carica, a condizione che risulti il carattere meramente fittizio dell’ente. A confermare questo principio è la Cassazione, terza sezione penale, con l’ordinanza 24927 depositata ieri.

L’amministratore unico di una società era accusato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti ai danni dell’erario e per frodi fiscali. Nel 2013, in concomitanza con il procedimento penale, l’ente nominava un nuovo amministratore, in sostituzione del precedente.

Successivamente, il pm disponeva il sequestro preventivo su somme e beni della società finalizzato alla confisca per equivalente. Il provvedimento veniva impugnato lamentando che l’unico indizio a sostegno della riconducibilità dei predetti beni al reato commesso dal precedente amministratore, fosse proprio il suo incarico.

In realtà, però, l’attuale patrimonio sociale era del tutto estraneo al delitto commesso e pertanto il sequestro, secondo la difesa, era illegittimo.

Sia il Gip sia il Tribunale del riesame confermavano la misura preventiva.

Ricorreva allora per Cassazione la società rimarcando l’estraneità dell’ente rispetto ai delitti commessi.

La Suprema Corte, confermando la misura, ha innanzitutto richiamato il principio affermato dalle Sezioni Unite con riguardo alla legittimità del sequestro sul patrimonio dei soggetti giuridici (sentenza 105/2014)

La Cassazione ha inoltre rilevato che la società ricorrente era interamente partecipata da un ente estero riconducibile al legale rappresentante ormai decaduto. Da ciò conseguiva che a prescindere dal suo incarico, la società era un apparato fittizio costituito per dissimulare le operazioni illecite poste in essere dal reo. Da qui la conferma del sequestro.

Laura Ambrosi - 16 giugno 2015 -  tratto da sole24ore.com

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