Ok alla presenza di derivati nel portafoglio delle Casse di previdenza. Una loro esclusione tout court, infatti, precluderebbe non solo la possibilità di coprire molti rischi finanziari ma anche quella di conseguire significativi risparmi di costo. Il divieto, inoltre, potrebbe essere facilmente eluso attraverso l’investimento in veicoli che, a loro volta facciano uso di strumenti derivati nella loro gestione. Ok, quindi, al contingentamento dei derivati, ma no ad una loro totale esclusione. Queste le osservazioni del Dipartimento del tesoro, rese note dal Consiglio di stato nell’ambito del parere definitivo del 24 febbraio scorso sullo schema di decreto del ministero dell’economia e della finanze in materia di investimenti delle risorse finanziarie degli enti previdenziali. Nel dettaglio i giudici di palazzo Spada, nel ritenere complessivamente conforme l’ultima versione del testo del Mef alle indicazioni suggerite durante lo scorso autunno, sono tornati a soffermarsi sulla questione derivati. Ad avviso del Cds, infatti, sarebbe stato opportuno che il Mef, nella versione del testo che si appresta ad essere definitiva, avesse rispettato il suggerimento di eliminare completamente la possibilità di investimento in strumenti derivati, invece che consentirla nel limite del 5%. Sul punto, però, non pare esserci margine di trattativa. Il Dipartimento del tesoro, infatti, in linea con quanto sostenuto anche dalla Covip, ha precisato che «le disposizioni previste sono in linea non solo con l’analogo regolamento sui fondi pensione, ma anche con la direttiva 2003/41ICE relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali.

Beatrice Migliorini - 01/03/2016 – tratto da Italia Oggi

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