Il bonus baby sitter introdotto dal Decreto rilancio, dal valore massimo di 1.200 euro, può essere erogato anche ai familiari, purché non residenti: a chiarirlo, nella circolare numero 73, è stato l’Inps. I voucher potranno dunque essere utilizzati per pagare i nonni o più in generale i parenti, purché non residenti.

Il volontariato dei nonni sarà quindi pagato. Ma soltanto durante l’emergenza coronavirus. Questa disposizione di fatto apre la possibilità di chiedere il bonus alla gran parte delle famiglie con figli visto che l’affidamento ai nonni (in particolare, alle nonne) è la soluzione più diffusa anche in tempi normali. L’Istat certifica infatti che quando entrambi i genitori lavorano, nel 60,4% dei casi i bambini sotto i due anni vengono lasciati ai nonni. Si sale al 61,3% quando il piccolo ha tra i 3 e i 5 anni. Nella fase acuta del Covid 19 molti nonni avevano dato forfait scegliendo un rigoroso lockdown per evitare il rischio di contagio. Ma da giugno anche gli equilibri familiari stanno tornando alla normalità. E così il «bonus baby sitter» potrebbe essere a breve con più realismo chiamato «bonus nonni».

Quando, appena introdotto, l’assegno era limitato a 600 euro il decreto Cura Italia prevedeva 118 mila richieste e una copertura pari a 112 milioni di euro. Poi con il decreto Rilancio i fondi sono stati raddoppiati. Saranno risorse ben spese o c’è il rischio che il bonus baby sitter per l’emergenza Covid diventi l’ennesimo contributo a pioggia? «L’obiettivo del bonus era quello di aiutare i genitori entrambi lavoratori che, con la pandemia, non potevano contare né sulla scuola né sui nonni, questi ultimi fuori gioco per il lockdown. Nel momento in cui queste risorse vengono date a tutti, diventano un sussidio generico per le famiglie», osserva Claudio Lucifora, docente di Economia alla Cattolica e consigliere del Cnel. In sostanza, visto che il bonus può essere richiesto, anche in maniera retroattiva, per il periodo che va dal 5 marzo al 31 luglio, nulla impedirà a chi per consuetudine affidava i figli ai nonni nei mesi estivi di fare domanda per il bonus.

C’è da dire che i 1.200 euro dell’assegno — erogati tramite il cosiddetto «libretto famiglia» che consente di pagare prestazioni di cura occasionali a 10 euro l’ora, di cui 8 al lavoratore e 2 in contributi — coprono in tutto 120 ore di lavoro, che poi si traducono in tre settimane a tempo pieno. Lo sforzo di una famiglia per garantirsi assistenza e servizi quando entrambi lavorano va ben oltre. Per non parlare dell’impegno dei nonni. Al momento non esistono dati rispetto al tipo di utilizzo del bonus ma c’è da scommettere che alla fine le richieste a favore di nonni e zii saranno superiori a quelle per coprire la retribuzione della baby sitter. «Ragionevole la possibilità che a chiedere il bonus siano anche i genitori in smartworking», conclude Lucifora. Come dire: il lavoro da casa non va trasformato in un lavoro di serie B. Non si può contemporaneamente lavorare (anche se a distanza) e curare i figli.

Il bonus — lo ricordiamo — è rivolto a tutte le famiglie, anche affidatarie, con figli minori di 12 anni (in caso di disabilità però il limite di età non c’è). Il beneficio spetta a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa (ad esempio, Naspi, Cigo, indennità di mobilità, ecc.) o altro genitore disoccupato o non lavoratore, con i quali, dunque, sussiste incompatibilità e divieto di cumulo. Il bonus baby sitter è incompatibile anche con il bonus asilo nido e con il congedo parentale.

Le modalità per la richiesta del bonus sono quelle chiarite in precedenza. La domanda va inoltrata online, sul sito dell’Inps, tramite l’applicazione web, disponibile sul portale dell’Inps (il percorso è il seguente: “Prestazioni e servizi” > “Tutti i servizi” > “Domande per Prestazioni a sostegno del reddito” > “Bonus servizi di baby sitting”) oppure tramite il Contact center integrato (numero verde 803.164, gratuito da rete fissa, o 06 164.164, da rete mobile con tariffazione a carico dell’utenza chiamante), o ancora tramite i patronati.

Per compilare la domanda occorre essere in possesso delle proprie credenziali, cioè una tra pin Inps, credenziale Spid, carta d’identità elettronica 3.0, carta nazionale dei servizi. La somma verrà accreditata direttamente con accredito sul conto corrente bancario o postale, accredito su libretto postale, carta prepagata con Iban o bonifico domiciliato presso Poste Italiane, secondo la scelta indicata all’atto della domanda.

Rita Querzè - 28 giugno 2020 – tratto da corriere.it

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