Il figlio con laurea triennale in informatica non può battere cassa dai genitori, invocando lo stato di bisogno, per ottenere gli alimenti. Finiti gli studi, la strada obbligata è, infatti, l’ingresso nel mondo del lavoro, soprattutto avendo in tasca una specializzazione in un settore non in crisi. Comunque, afferma la Cassazione (ordinanza 40882) nel respingere il ricorso del ragazzo, come misura tampone invece di pensare a mamma e papà meglio chiedere sostegni pubblici come il reddito di cittadinanza. Ormai la Suprema corte non si fa più impietosire, dalla descrizione di situazioni di “indigenza” se arrivano da giovani potenzialmente in grado di provvedere a sé stessi.

L’alloggio nel dormitorio

Nel caso esaminato il ricorrente lamentava una situazione lavorativa rimasta tanto precaria, malgrado la laurea breve in informatica, da imporgli un dormitorio come sistemazione notturna, dopo lo sfratto seguito alla vendita dell’alloggio in cui viveva con la madre e con la nonna. Una situazione economica di estrema vulnerabilità che, a suo dire, non dipendeva da una scarsa propensione a darsi da fare per trovare un’occupazione. Il ragazzo affermava di aver fatto dei lavoretti, di aver mandato curricola, di aver partecipato ad un concorso ed anche scritto un libro, che però non aveva venduto. L’unica soluzione sembrava chiedere aiuto ai genitori: 250 euro al padre e 400 alla madre. Dagli atti risultava però che il ricorrente aveva rifiutato una transazione che prevedeva il versamento di 400 euro in totale per 2 anni e anche un alloggio. Alla base del no la considerazione che una risposta positiva avrebbe comportato la rinuncia agli alimenti arretrati e il diritto a riceverli per un tempo prefissato. La Suprema corte respinge però il ricorso, considerando non provata la sua solerzia nel cercare un’occupazione e non dimostrato neppure lo stato di bisogno, che va inteso come incapacità della persona a provvedere alle sue fondamentali esigenze di vita: dal vitto alle cure mediche. Valutazione da fare tenendo conto delle condizioni effettive di chi chiede gli alimenti.

Gli aiuti dello Stato prima di quelli della famiglia

Da verificare c’è prima di tutti l’impossibilità di provvedere in tutto o in parte al proprio sostentamento, come ad esempio in caso di invalidità al lavoro. Poi prima di bussare alla porta dei genitori bisogna pensare al welfare. «L’accertamento dell’impossibilità per il soggetto di provvedere al soddisfacimento dei suoi bisogni primari non può poi prescindere dalla verifica dell’accessibilità - si legge nell’ordinanza - dell’alimentando a forme di provvidenza che consentano di elidere, ancorché temporaneamente lo stato di bisogni (si pensi oggi, al reddito di cittadinanza di cui al Dl 4/2019, convertito dalla legge n.26/2019)». Secondo gli ermellini, infatti «è da credere che, nella partita del diritto agli alimenti, la colpevole mancata fruizione di tali apporti giochi lo stesso ruolo dell’imputabile mancanza di un reddito da lavoro; nell’uno e nell’altro caso si delinea l’insussistenza di quell’impedimento oggettivo ad ovviare al lamentato stato di bisogno che è condizione per l’insorgenza del diritto in questione». Nel rigetto del ricorso pesano anche le affermazioni di alcuni testi su occasioni di lavoro non colte dal ragazzo.

Patrizia Maciocchi - 21 dicembre 2021 – tratto da sole24ore.com

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