Sul lavoro agile, il governo cede la parola al sindacato. Non basta più un accordo tra il datore di lavoro e il lavoratore a disciplinare lo svolgimento della prestazione in smartworking: adesso, vanno rispettate anche le regole fissate dalla contrattazione collettiva (nazionale, territoriale e aziendale). A stabilirlo è il protocollo firmato il 7 dicembre tra governo e parti sociali che detta indirizzi, appunto, alla contrattazione collettiva a cui affida il compito di definire le regole di attuazione del lavoro agile in ogni settore e contesto produttivo. L'adesione allo smartworking resta volontaria e subordinata, come è stato finora, alla sottoscrizione di un accordo scritto tra datore di lavoro e lavoratore. Questo accordo, però, avrà giocoforza sempre minori possibilità di regolamentare la modalità agile di svolgimento del lavoro, rispetto a quanto lo è stato fino a oggi.

Il lavoro agile o smartworking. Il «lavoro agile», detto anche «smartworking», non è un contratto di lavoro, ma una modalità di svolgimento del lavoro dipendente, cioè del contratto di lavoro subordinato, e precisamente con le seguenti modalità: svolgimento del proprio lavoro solo in parte in azienda o in ufficio; libertà di orario di lavoro con il rispetto del solo vincolo dell'orario massimo di lavoro; possibilità di usare gli strumenti tecnologici per l'attività lavorativa (computer, smartphone, etc.); assenza della propria postazione fissa di lavoro durante i periodi di impiego svolti fuori dall'azienda (si può lavorare, cioè, dovunque si desideri).

Misura anti Covid. Il lavoro agile è stata una delle prime misure individuate quale soluzione al blocco totale delle attività lavorative per l'emergenza coronavirus. A tal fine, ne è stata disciplinata una sorta di liberalizzazione: applicabilità, cioè, anche in assenza di accordi individuali. In tempi normali, infatti, l'attivazione dello smartworking è vincolata a un accordo scritto tra datore di lavoro e lavoratore per regolamentarne la disciplina. In tutto il tempo di pandemia sono state operative alcune deroghe: innanzitutto la “raccomandazione” ai datori di lavoro di farvi ricorso quanto più possibile; in secondo luogo la semplificazione dell'attivazione, che è stata possibile «in via automatica a ogni rapporto di lavoro subordinato anche senza gli accordi individuali». A ciò è stato poi aggiunto (dal decreto c.d. «Cura Italia» in avanti) che: a) il lavoro agile è la modalità “ordinaria” di lavoro dei dipendenti pubblici; a) i dipendenti disabili gravi e quelli che hanno in famiglia una persona con disabilità grave hanno “diritto” a svolgere il lavoro con questa modalità, a patto che sia compatibile con le proprie mansioni (cosa difficile, per esempio, per il postino); c) ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la “priorità” nell'accoglimento delle domande di svolgimento del lavoro in modalità agile da parte del datore di lavoro.

Una riforma celata. La normativa di riferimento del lavoro agile è la legge n. 81/2017 che individua precisamente le finalità: incrementare la competitività (a favore delle aziende) e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (ai lavoratori). A questi fini, la legge ha introdotto la possibilità di far ricorso al lavoro agile «quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti», cioè tra datore di lavoro e lavoratore. Il Protocollo del 7 dicembre, come si legge nel primo dei 16 articoli, fissa il quadro di riferimento, condiviso tra le Parti sociali, per la «definizione dello svolgimento del lavoro in modalità agile esprimendo pertanto linee di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e/o territoriale […], tutto ciò affidando alla contrattazione collettiva quanto necessario all'attuazione nei diversi e specifici contesti produttivi». C'è un cambio di rotta: a disciplinare il lavoro agile non sarà più solo l'accordo individuale, ma sopratutto il Ccnl.

I principi. Due principi restano basilari, anche se all'interno della nuova cornice di regole:

- l'adesione su base volontaria;

- il presupposto di un accordo scritto tra datore di lavoro e lavoratore. Quest'ultimo, adesso e più di prima, dovrà corrispondere alle norme della legge n. 81/2017 (artt. 19 e 21) e a quanto previsto dalla contrattazione collettiva, tra cui i contenuti minimi già fissati con il protocollo 7 dicembre che sono indicati in tabella.

Un terzo principio, che rafforza il primo, è l'assoluta esclusione che il rifiuto del lavoratore di aderire al lavoro agile possa integrare gli estremi del licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo, o di un procedimento sul piano disciplinare.

L'orario e la disconnessione. Il protocollo afferma che la giornata lavorativa in modalità agile si caratterizza per due aspetti:

- assenza di un preciso orario di lavoro;

- autonomia nello svolgimento della prestazione nell'ambito degli obiettivi prefissati.

La prestazione può essere articolata in fasce orarie, individuando la fascia di disconnessione nella quale il lavoratore non svolge attività lavorativa. In via generale, inoltre, durante i giorni di lavoro in modalità agile non può essere autorizzato il lavoro straordinario (salvo l'esplicita previsione dei contratti collettivi nazionali, territoriali e/o aziendali).

Permessi e altre assenze. Il protocollo prevede ancora che il lavoratore possa richiedere, in presenza dei presupposti, la fruizione dei permessi orari quali, ad esempio, quelli a favore dei disabili ex art. 33 della legge n. 104/1992. Nei casi di assenze c.d. legittime (malattia, infortuni, permessi retribuiti, ferie, ecc.), il lavoratore può disattivare i propri dispositivi di connessione e, in caso di ricezione di comunicazioni aziendali, non è obbligato a prenderle in carico prima della prevista ripresa del lavoro.

Luogo di lavoro. Il protocollo dà piena libertà al lavoratore d'individuare il luogo dove svolgere la prestazione in modalità agile, purché con caratteristiche tali da consentire l'esecuzione regolare del lavoro, in condizioni di sicurezza e riservatezza, anche con specifico riferimento al trattamento dei dati e delle informazioni aziendali, nonché alle esigenze di connessione con i sistemi aziendali. Per contro, però, la contrattazione collettiva può individuare i luoghi inidonei per motivi di sicurezza personale o protezione, segretezza e riservatezza dei dati.

Strumenti di lavoro. Di norma, salvo diversi accordi, è il datore di lavoro che fornisce la strumentazione tecnologica e informatica necessaria allo svolgimento del lavoro agile, al fine di assicurare al lavoratore la disponibilità di strumenti idonei e sicuri per l'accesso ai sistemi aziendali. La strumentazione deve essere conforme anche alle norme in materia di sicurezza lavoro (dlgs n. 81/2008). Nei casi in cui sia deciso, invece, che il lavoratore utilizzi strumenti propri, vanno stabiliti i criteri e i requisiti minimi di sicurezza da implementare. In tal caso, è possibile fissare e quantificare anche eventuali forme d'indennizzo per le spese.

Parità di trattamento. Il protocollo stabilisce, ancora, che ciascun lavoratore agile ha diritto, rispetto ai lavoratori che svolgono le stesse mansioni non in smartworking (cioè esclusivamente all'interno dei locali aziendali), allo stesso trattamento economico e normativo, anche con riferimento ai premi di risultato, e deve avere le stesse opportunità riguardo a carriera, iniziative formative e ogni altra opportunità di specializzazione e progressione della propria professionalità, nonché alle stesse forme di welfare aziendale e di benefit previste dalla contrattazione collettiva.

Formazione. Infine, per garantire a tutti i lavoratori agili pari opportunità nell'utilizzo degli strumenti di lavoro, il protocollo ritiene necessario prevedere percorsi formativi finalizzati a incrementare le specifiche competenze tecniche, organizzative, digitali anche per un efficace e sicuro utilizzo degli strumenti di lavoro dati in dotazione. Tali percorsi formativi potranno interessare anche i responsabili aziendali a ogni livello, al fine di acquisire migliori competenze per la gestione dei gruppi di lavoro in smartworking.

Daniele Cirioli – 13 dicembre 2021 – tratto da Italia Oggi

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