Nella pandemia omicidio e lesioni personali colpose punibili solo per colpa grave
Protezione più ampia per i medici e gli operatori della sanità per i fatti commessi durante l’emergenza epidemiologica da Coronavirus. È l’effetto della norma sullo “scudo penale” introdotta durante l’esame per la conversione nel decreto legge 44 del 1° aprile 2021 (la legge di conversione 76/2021 è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale 128 del 31 maggio).
Il provvedimento di aprile si era limitato a introdurre, all’articolo 3, uno “scudo vaccinale”, norma ritenuta da più parti insufficiente. Se da un lato appariva limitata, dall’altro non sembrava introdurre una tutela particolarmente efficace dato che esclude la punibilità (a titolo di omicidio colposo o di lesioni personali colpose) delle somministrazioni vaccinali in ipotesi in cui la responsabilità penale sembrerebbe già di per sé esclusa (ossia quando «l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio e alle circolari pubblicate nel sito internet istituzionale del Ministero della salute»).
La legge di conversione si spinge invece molto più in là, innovando la disciplina della responsabilità penale in caso di morte o lesioni personali che si siano verificate, in ambito sanitario, durante lo stato di emergenza epidemiologica (si veda anche il Sole24ore del 3 giugno ).
Viene, in particolare, introdotto il nuovo articolo 3-bis, in forza del quale «i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del Codice penale, commessi nell’esercizio di una professione sanitaria e che trovano causa nella situazione di emergenza, sono punibili solo nei casi di colpa grave». Si tratta di una disposizione da lungo tempo attesa e di cui si discuteva sin dai primordi della crisi pandemica. Vari disegni di legge furono proposti ma nessuno vide la luce. Soltanto oggi il percorso sembra compiersi, e il nuovo articolo 3-bis del decreto legge 44/2021, che da quei passati progetti ha tratto più di uno spunto, segna dunque una svolta significativa.
La nuova norma si distingue, soprattutto, per non essersi limitata a circoscrivere la responsabilità penale sanitaria, in caso di morte o lesioni, ma per aver fornito precisi indici per escludere la colpa grave, ogni qualvolta la condotta del professionista sia stata influenzata da particolari ed eccezionali fattori critici correlati alla crisi pandemica. Secondo il comma 2 dell’articolo 3-bis, il giudice, ai fini della valutazione del grado della colpa, per escludere la gravità potrà tener conto «della limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie da Sars-Cov-2 e sulle terapie appropriate, nonché della scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, oltre che del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all’emergenza».
La limitazione della responsabilità sanitaria sembra attingere ai princìpi sanciti dall’articolo 2236 del Codice civile, secondo il quale il professionista risponde solo per dolo o colpa grave quando il caso implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà. La norma, di stampo civilistico, è stata ritenuta dalla Cassazione direttamente applicabile all’ambito penale anche in tutte le situazioni in cui il medico si trovi a operare in quella situazione di emergenza che «rende quasi sempre difficili anche le cose facili» (Cassazione penale 24528/2014).
Ma, al di là del parallelismo con l’articolo 2236 del Codice civile, l’articolo 3-bis del Dl 44/2021 riguarda soltanto la responsabilità penale e non quella civile degli operatori sanitari che, quindi, resterebbe senza protezione. Nell’ambito della giurisprudenza civile non si rinvengono, infatti, precedenti tesi a replicare la lettura “espansiva” dell’articolo 2236 del Codice civile prospettata dalla Cassazione penale, o ad escludere espressamente la responsabilità del professionista verso il paziente (valutando la colpa come “lieve”) solo perché si sia trovato in situazione di emergenza.
Inoltre, i profili di responsabilità civile si prospettano più ampi rispetto a quelli penali anche perché la valutazione del nesso di causalità, nell’ambito di un giudizio civile, è certamente più lasca di quella propria del penale.
Lo «scudo vaccinale»
L’articolo 3 del decreto legge 44/2021 dispone che, per i reati di omicidio colposo e di lesioni personali colpose causati dalla somministrazione dei vaccini anti Covid, la punibilità è esclusa a condizione che l’uso del vaccino sia conforme alle indicazioni del provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio
Lo «scudo penale»
Durante la conversione in legge, nel decreto 44/2021 è stato inserito l’articolo 3-bis, per cui, durante lo stato di emergenza sanitaria, «sono punibili solo per colpa grave» i reati di omicidio colposo e di lesioni personali colpose commessi nell’esercizio di una professione sanitaria e che trovano causa nell’emergenza
La «colpa grave»
L’articolo 3-bis precisa anche che il giudice deve tenere conto, per escludere che si tratti di colpa grave, della limitatezza delle conoscenze scientifiche sulle patologie da Sars-Cov-2 e sulle terapie appropriate, della scarsità delle risorse umane e materiali e del minor grado di conoscenze tecniche e di esperienza del personale non specializzato utilizzato nell’emergenza
Maurizio Hazan - 08 giugno 2021 – tratto da sole24ore.com