Nel furto il profitto, che integra il dolo specifico, va identificato in qualunque vantaggio, anche non patrimoniale, perseguito dall’autore del reato. Le Sezioni unite della Cassazione, hanno depositato le motivazioni (sentenza 41570) della decisione, adottata il 25 maggio scorso e anticipata da un’informazione provvisoria.
Il Supremo collegio ha scelto l’orientamento prevalente che afferma una nozione di profitto meno restrittiva, non limitata all’utilità economico-patrimoniale.

Quinta sezione penale

A chiamare in causa il Supremo consesso era stata la quinta sezione penale, impegnata a decidere un procedimento relativo a una condanna per furto con strappo a carico di un fidanzato che, nel corso di una lite, aveva sottratto il cellulare alla fidanzata. Un gesto di stizza, una ritorsione, una vendetta o, come sostenuto dalla difesa, il tentativo di impedire alla donna di chiamare i carabinieri. Tutto ma non un furto per il ricorrente, secondo il quale, solo la nozione di profitto circoscritta consente di soddisfare le esigenze di garanzia e di tipicità penale, senza allargare a dismisura la sfera del furto. La stessa tesi sostenuta dalla giurisprudenza minoritaria, secondo la quale ampliando il raggio d’azione del reato si finirebbe per «trascurare il dato letterale e sistematico dell’inserimento del furto nei delitti contro il patrimonio, che costituisce il bene/interesse tutelato dalla norma».

Per le Sezioni unite però nel patrimonio, rientrano tutti i vantaggi tratti dal semplice uso del bene. Il profitto rilevante è, dunque, quello «che deriva dal possesso penalisticamente inteso, ossia dalla conservazione e dal godimento del bene». I giudici ammettono che la conclusione raggiunta riduce la funzione delimitatrice del dolo specifico ma, affermano «si stratta di un risultato pienamente coerente con la volontà del legislatore».

La riforma Cartabia

In più la via prescelta consente di evitare una risposta sanzionatoria sproporzionata, rispetto all’istituto della particolare tenuità del fatto, come riformulato dalla riforma Cartabia (articolo 1 comma 1, lettera c) n.1 del Dlgs 150/2022). Norma che fa rientrare nel perimetro di valutazione dell’istituto anche il furto monoaggravato. Uno strumento importante - precisa la Cassazione - con il quale il legislatore ha affidato alla discrezionalità del giudice «il giudizio sulla “qualità” della responsabilità dell’imputato, consentendo di escludere l’applicazione della sanzione anche in ragione dell’innovativa previsione che assegna rilievo alla condotta susseguente il reato». A sostegno della tesi abbracciata, anche l’analoga conclusione raggiunta nel delitto di rapina, nel quale il profitto sta in qualunque utilità, anche morale.

Patrizia Maciocchi - 13 ottobre 2023 – tratto da sole24ore.com

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