Si ricomincia da zero con le assunzioni a termine. Il passato non conta, infatti, nel conteggio della durata del rapporto fino 12 mesi entro cui si può assumere senza una causale. I datori di lavoro, in altre parole, possono considerare solo i rapporti a termine instaurati dal 5 maggio, senza includere quelli eventualmente stipulati prima di tale data anche se ancora in corso. Lo stabilisce l'art. 24 della legge 85/2023, in vigore dal 4 luglio, di conversione del dl 48/2023, il decreto Lavoro. Ciò significa, allora, che se un lavoratore è già stato occupato a termine senza causale per 12 mesi entro il 30 aprile, ora può essere riassunto, sempre senza causale, con uno o più rapporti a termine fino a una (nuova) durata massima di 12 mesi, incluse proroghe e rinnovi.

I principi sul rapporto a termine. Il contratto a termine è un contratto di lavoro subordinato che, a differenza di quello ordinario per legge, cioè a tempo indeterminato, dà possibilità di fissare una durata al nascente rapporto di lavoro. Due i principi inderogabili della disciplina validi sia prima (fino al 4 maggio) che dopo il decreto Lavoro (dal 5 maggio):

- fino alla durata di 12 mesi, il contratto a termine può essere stipulato liberamente, senza cioè giustificare perché l'assunzione non avvenga a tempo indeterminato;

- per una durata superiore a 12 e fino a 24 mesi può essere stipulato solo in presenza di una causale;

- se la durata supera 24 mesi, cosa vietata, il rapporto si converte a tempo indeterminato.

Fino al 4 maggio, la possibilità di fare contratti fino a 12 mesi senza causale era circoscritta alla prima assunzione e alle successive proroghe, non a eventuali rinnovi. Così anche dopo l'entrata in vigore del decreto Lavoro (5 maggio) ma fino alla sua conversione, quando la legge 85/2023, in vigore dal 4 luglio, ha aggiunto anche l'ipotesi del rinnovo. Oggi, insomma, il contratto a termine può essere stipulato, prorogato e rinnovato liberamente fino a 12 mesi; oltre e fino a 24 mesi, solo in presenza di una delle nuove causali: a) previste dai contratti collettivi; b) in assenza di previsioni nei contratti collettivi applicati in azienda, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti (valido fino al 30 aprile 2024); d) in sostituzione di altri lavoratori.

«Contatore» azzerato. Il decreto Lavoro stabilisce, inoltre, che, ai fini del computo dei 12 mesi, si tiene conto solo dei contratti a termine stipulati dall'entrata in vigore della nuova norma, cioè 5 maggio. Pertanto, tutto ciò che c'è stato prima di assunzioni a termine non rileva: i 12 mesi si ricontano solo dai contratti a termine stipulati dal 5 maggio in poi (non si contano neppure eventuali contratti a termine in corso al 5 maggio, se stipulati precedentemente). Attenzione; la deroga non vale ai fini del conteggio della durata di 24 mesi, per la quale, invece, si tiene conto di tutti i rapporti a termine, anche di quelli antecedenti alla riforma.

Una sorta di “amnistia”. Sul piano pratico, l'azzeramento del “contatore” riapre la possibilità di assumere liberamente a termine, cioè senza causale, i lavoratori che hanno già avuto esperienze di rapporti a termine fino a 12 mesi e che, senza il decreto Lavoro (senza l'azzeramento del contatore) si sarebbero potuti assumere solo con una causale. Un esempio: lavoratore che al 30 aprile 2023 sia stato occupato per 12 mesi in un'azienda, con due rapporti a termine (prima assunzione e proroga), adesso può essere riassunto, senza causale, per un rapporto a termine fino a 12 mesi, incluse proroghe e rinnovi. In tal caso, infatti, il primo contratto a termine, essendo stato sottoscritto prima del 5 maggio, rientra nell'azzeramento del contatore.

Daniele Cirioli - 08 luglio 2023 – tratto da Italia Oggi

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