Archiviata la pausa per il Covid, si spera, il mondo degli affitti brevi è tornato ad essere effervescente da diversi punti di vista. Quello degli utilizzatori, turisti italiani e soprattutto stranieri o lavoratori che si spostano per alcuni giorni in una altra sede, che sono tornati a viaggiare facendo di conseguenza lievitare le richieste di locazione, e quello degli investitori che in alcune location – le più gettonate - sono tornati ad acquistare abitazioni da mettere a reddito. Per contratto di locazione breve si intende un contratto di locazione di immobile a uso abitativo, di durata non superiore a 30 giorni, stipulato da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa. Vediamo ora le 5 regole per arrotondare lo stipendio senza correre rischi:

Dove conviene di più

In base all’elaborazione di Scenari Immobiliari le cinque zone italiane dove i rendimenti sono più alti sono:
1) Bari: Abate Gimma
2) Firenze: Pitti - dei Bardi
3) Firenze: Cavour - Lavagnini
4) Milano: Sforza
5) Napoli: Duomo - Corso Umberto - Piazza Amore

Le tasse

Ai fini fiscali, le persone fisiche che possiedono immobili e li concedono in locazione (anche non “breve”) possono scegliere tra due modalità di tassazione: quella ordinaria e la cedolare secca.
Il regime di tassazione ordinario prevede che gli immobili concessi in locazione concorrano a formare il reddito nell’ammontare dei canoni percepiti, ridotti forfettariamente del 5% al fine di tenere conto delle spese di gestione. La riduzione del 5% è innalzata al 25% per gli immobili ubicati nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, Murano e Burano e al 35% per gli immobili riconosciuto di interesse storico o artistico in base al Dlgs 42/2004. Qualora l’importo della rendita catastale dell’immobile, rivalutata del 5% fosse superiore all’ammontare dei canoni di locazione, al netto della riduzione forfettaria, l’immobile concorre a formare il reddito con la rendita catastale rivalutata.
La tassazione ordinaria consiste nell’assoggettamento a Irpef dei canoni percepiti, forfettariamente ridotti o, in alcuni casi nell’assoggettamento a Irpef della rendita.
La cedolare secca, invece, rappresenta un’alternativa alla tassazione ordinaria e consiste in un regime facoltativo che si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali pari al 21 per cento.
Considerato che l’aliquota Irpef più bassa (che corrisponde a uno scaglione di reddito pari a 15mila euro) è del 23%, la scelta della cedolare secca appare conveniente.

I rendimenti

Secondo un’elaborazione che Il Sole 24Ore aveva richiesto a fine 2022 a Scenari Immobiliari – confrontare i rendimenti derivanti da affitti brevi o a studenti in 12 città italiane e in quattro zone rappresentative del mercato delle locazioni – era emerso che, per la tipologia del trilocale, gli affitti brevi rendono tra il 4 e il 4,5%, rispetto al 3-3,5% degli affitti a studenti.
Rendimenti che, nel caso dei bilocali (che sono però meno gettonati dagli studenti) possono salire anche tra il 5 e il 6 per cento.

Evitare le false partenze: il regolamento condominiale

Gli affitti brevi si possono vietare in condominio. Il nodo è, quasi sempre, ’interpretazione del regolamento condominiale: in alcuni casi può contenere una specifica clausola che imponga il divieto «all’attività di affittacamere, pensione, casa vacanza o alberghiera».
Va premesso che tali divieti sono più stringenti se contenuti in un regolamento condominiale contrattuale, cioè predisposto dal costruttore dello stabile e riportato nei singoli rogiti di compravendita dei vari immobili, anziché assembleare, votato a maggioranza.
Quindi è fondamentale, per chi decida di sfruttare il suo immobile o di comprarne uno da mettere a reddito, una lettura attenta del regolamento condominiale. Tenendo conto che la clausola di divieto può non riguardare gli affitti brevi, fenomeno recente, distinto dall’attività di affittacamere o alberghiera. L’amministratore in ogni caso va informato dell’intenzione di avviare l’attività, anche se non sempre può impedirla. Varie le pronunce giurisprudenziali in materia. Ecco le più significative:
1) La sentenza 18494/2018 del Tribunale di Roma è una delle prime, quando l’attività non era così diffusa come oggi. I giudici nella pronuncia hanno definito l’affitto breve ontologicamente alberghiero e sovrapponibile all’attività ad uso pensione o camere d’affitto. Quindi l’eventuale divieto del regolamento condominiale sarebbe applicabile;
2) In modo opposto, però, le pronunce successive a partire dalla 14559/2019 dello stesso Tribunale di Roma concludono che le differenze tra l’attività di B&B e quella di affittacamere impediscono una generale equiparazione;
3) si segnala anche la sentenza 11784/2018 del Tribunale di Milano. In questo caso sono state riconosciute le ragioni del condominio che aveva agito contro una condomina che aveva destinato il proprio appartamento ad attività di B&B, in violazione del regolamento condominiale. Quest’ultimo stabiliva che gli appartamenti dello stabile si intendevano destinati ad uso abitazione civile e ad uffici ed ogni diversa destinazione avrebbe dovuto essere preventivamente autorizzata dall’assemblea dei condòmini, che, nel caso specifico, era contraria. Secondo il tribunale, l’attività di B&B, in considerazione dell’evoluzione del costume sociale, è del tutto sovrapponibile a quella di destinazione delle unità abitative ad affittacamere e la ha quindi vietata. Questo, anche se la legge regionale della Lombardia (come quelle di altre Regioni) ha riconosciuto che questa attività non comporta un mutamento di destinazione d’uso dell’immobile, che quindi rimane abitativo e non alberghiero;
4) un punto a favore dei B&B lo ha segnato la Cassazione con la sentenza 6769/2018, ponendo un paletto importante. La clausola del regolamento condominiale che limita l’uso della proprietà privata vietando lo svolgimento dell’attività di affittacamere rientra nella tipologia delle servitù atipiche. Trattandosi di una servitù, per essere fatta valere verso i terzi va trascritta con una nota distinta da quella dell’atto d’acquisto. Quindi, per vietare l’attività di B&B, secondo la Cassazione, non basterebbe la trascrizione del regolamento condominiale che contiene la clausola che lo vieta, ma occorrerebbe la trascrizione della specifica clausola.

2 febbraio 2023 – tratto da sole24ore.com

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