Un contentino ai pensionati “poveri”. Per contrastare gli effetti dell'inflazione, infatti, gli oltre 5 milioni di pensioni che non arrivano a 525 euro mensili avranno una maggiorazione dell'1,5% per l'anno 2023 e del 2,7% per l'anno 2024 in aggiunta all'ordinaria rivalutazione annuale. Ad esempio, la pensione di 500 euro riceverà in più un aumento di 7,5 euro nel 2023 e 13,5 euro nel 2024. Gli incrementi sono “eccezionali e transitori”: non si sommano tra loro; sono validi limitatamente a rispettivi anni e non rilevano nell'operazione di rivalutazione annuale delle pensioni (quella ordinaria). È quanto si legge nella bozza di Manovra per il 2023 tra le misure relative alle pensioni. Due le novità: oltre all'aumento eccezionale alle baby-pensioni, c'è una nuova revisione del meccanismo di perequazione nel biennio 2023/2024 di tutte le pensioni. I nuovi criteri risultano favorevoli nel caso di pensioni tra 4 e 8 volte il trattamento minimo Inps, vale a dire agli assegni d'importo da 2.280 a 4.550 euro mensili, compresa 13ma.

Le novità per le pensioni. Neppure capodanno 2023 vedrà escluso il tema delle pensioni da interventi di riforma. Per quanto riguarda quelle già attive, sono due le novità: nuovi criteri di rivalutazione nel biennio 2023-2024 (sostituiscono quelli ordinari, operativi per quest'anno, dopo la deroga per il triennio 2019/2021); qualche spicciolo di aumento, massimo 8 euro al mese, a favore dei titolari di pensione inferiori al minimo dell'Inps.

La «perequazione automatica». Si chiama così il vecchio automatismo della scala mobile, in virtù del quale le pensioni sono adeguate all'aumento del costo della vita al fine di salvaguardare, in qualche misura, il loro reale potere d'acquisto. L'automatismo (la perequazione) è applicato una volta sola nell'anno e prevede, prima di tutto, la fissazione del “tasso” sulla base del quale rivalutare le pensioni. Il tasso viene ufficializzato mediante uno specifico decreto ministeriale che lo determina quale valore medio dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (tassi inflazione) calcolato sull'anno precedente quello della rivalutazione. Per la rivalutazione del 2023, il decreto ha fissato l'aumento al tasso del 7,3% che porta il minimo Inps, ad esempio, da 525,38 euro a 563,73 euro con un aumento di 38,35 euro mensili ovvero di 498 euro in un anno (tredici mensilità). La perequazione interessa tutte le pensioni, di qualunque importo. L'aumento è fisso per le pensioni d'importo fino al «minimo Inps» (cioè in misura del 100% del tasso Istat); quelle d'importo superiore, invece, aumentano con incrementi differenziati a seconda dell'entità della pensione soggetta alla rivalutazione o di tutte le pensioni soggette a rivalutazione, se il pensionato ne possiede più di una. Con il 1° gennaio 2023 si doveva continuare con le regole originarie di calcolo della perequazione, la cui disciplina è nella legge finanziaria 2001 (legge n. 388/2000), più volte modificata, soprattutto negli anni di crisi, al fine di ridurre la spesa pubblica. In tabella sono sintetizzati i criteri vigenti anno per anno. Il prossimo biennio 2023/2024 vede qualche aumento alle fasce di pensioni d'importo oltre i 2.280 euro mensili (compresa 13ma).

Le pensioni inferiori al minimo. La misura è finalizzata a contrastare gli effetti negativi dell'inflazione registrati e attesi per il biennio 2022-2023 per le pensioni d'importo pari o inferiore al trattamento minimo dell'Inps in vigore al 31 dicembre 2022, quindi 525,38 euro mensili (6.829,94 euro su base annua). Si tratta di un aumento che va ad aggiungersi a quello ordinario che scaturisce dall'operazione di rivalutazione delle pensioni. L'aumento verrà erogato per ciascuna delle annualità e calcolato sempre rispetto alla pensione mensile determinata al 31 dicembre 2022 in misura pari a 1,5% per l'anno 2023 e di 2,7% per l'anno 2024. Gli incrementi non rilevano, per gli anni 2023-2024, ai fini del superamento dei limiti reddituali eventualmente previsti per il riconoscimento di prestazioni agevolate. Resta fermo, infine, che ai fini della rivalutazione delle pensioni per gli anni 2023 e 2024, la pensione è da considerare al netto dell'incremento transitorio, il quale non rileva a tali fini e in ogni caso cessa i relativi effetti rispettivamente al 31 dicembre 2023 e al 31 dicembre 2024.

Daniele Cirioli - 30 novembre 2022 – tratto da Italia Oggi

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