Stop al secondo lavoro se in «conflitto d'interessi» con l'attività dell'azienda. In tal caso, infatti, anche se non c'è violazione del dovere di fedeltà, il datore di lavoro può vietare o solo limitare ai propri dipendenti di svolgere l'ulteriore rapporto di lavoro. Idem quando c'è pregiudizio per la salute e sicurezza per il lavoratore. A stabilirlo, tra l'altro, è la bozza di dlgs di attuazione della direttiva UE 2019/1152, trasmessa dal governo alla camera per i prescritti pareri.

Sì al cumulo di impieghi. La novità è contenuta nell'art. 8, recante norme sul «cumulo di impieghi». In via di principio, si riconosce ai lavoratori il diritto a svolgere altri lavori, a patto che l'ulteriore occupazione, come accade oggi, non violi l'obbligo di fedeltà stabilito dall'art. 2105 del codice civile. In particolare si stabilisce che il datore di lavoro non può vietare al lavoratore lo svolgimento di altra attività lavorativa in orario al di fuori della «programmazione dell'attività lavorativa» concordata; e non può riservare al lavoratore un trattamento inferiore perché svolge un altro lavoro.

Il diritto interessa solamente i lavoratori subordinati (c.d. dipendenti). Per gli altri lavoratori (non subordinati, ad eccezione delle co.co.co. alle quali si applica la stessa disciplina del lavoro dipendente), il diritto è naturalmente presente.

Un diritto condizionato. Il nuovo diritto riconosciuto ai lavoratori dipendenti, però, non è assoluto: il datore di lavoro, infatti, ha facoltà di modificarlo. In specifici casi «può» (è una facoltà, non obbligo) «limitare o negare» lo svolgimento di altro e diverso «rapporto di lavoro». Con la nuova facoltà, pertanto, il datore di lavoro può agire in due modi: limitando o negando il secondo lavoro al dipendente in forza. Poiché la limitazione/divieto riguarda i «rapporti di lavoro», la facoltà è esercitabile in relazione a tutti i tipi di contratti di lavoro subordinato, di tutte le co.co.co., delle prestazioni occasionali, del lavoro domestico e di quello marittimo e pesca.

Il «conflitto d'interessi». La facoltà riconosciuta ai datori di lavoro è una vera novità, perché va oltre l'ambito (vigente) del dovere di fedeltà di cui all'art. 2105 del codice civile. Dei tre casi, il più «nuovo» è quello del «conflitto d'interessi», del quale il provvedimento non reca definizione. Seguendo le direttive Anac (l'Authority anticorruzione) può ritenersi che ricorra quando il nuovo lavoro comporti, anche potenzialmente, interessi in contrasto con quelli del datore di lavoro, di qualunque tipo: di natura finanziaria, economica o per particolari legami di parentela, affinità, convivenza o frequentazione abituale.

Campo di applicazione. La nuova facoltà è riconosciuta soltanto ai «datori di lavoro». Pertanto, è esercitabile soltanto a carico dei lavoratori dipendenti, cioè titolari di un rapporto di lavoro di tipo subordinato. Per espressa previsione dell'art. 8 sono esclusi i lavoratori marittimi e quelli del settore pesca. Per l'altro verso, però, la limitazione esercitabile dal datore di lavoro può riguardare qualsiasi tipo di occupazione: non solo un nuovo rapporto di lavoro dipendente, ma anche un lavoretto (con la prestazioni occasionali) o una co.co.co. o un lavoro domestico.

Daniele Cirioli - 06 aprile 2022 – tratto da Italia Oggi

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