È la sorveglianza sanitaria il principale ombrellone aziendale a riparo dei lavoratori dal rischio infortuni per troppo caldo. Sorveglianza da estendere a ogni lavoratore per un giudizio medico sulla “possibilità di sostenere l'esposizione al caldo”. Se negativo, il datore di lavoro dirotterà il lavoratore in attività più leggere e con più pause.
A stabilirlo è il protocollo approvato ieri con le misure di sicurezza contro il calore, valide anche in presenza nelle aziende degli studenti in Pcto (c.d. alternanza scuola lavoro), nel corso della riunione tra il ministro del lavoro, Marina Calderone, il sottosegretario Claudio Durigon, il ministro della salute, Inl, Inps, Inail, Anci, Upi, conferenza regioni, associazioni datoriali e sindacali.
Tra le altre misure di prevenzione, da declinare in protocolli aziendali, divieto di consumo di bevande alcoliche (anche vino e birra); fornitura di creme solari; somministrazione di pasti ricchi di frutta e verdura (se c'è la mensa).
Il protocollo. Il protocollo rientra nel quadro d'interventi sulla sicurezza sul lavoro. Le norme basilari sono il TU sicurezza (dlgs 81/2008); a ciò si aggiunge il protocollo finalizzato ad adeguare i modelli organizzativi all'esigenza di contenere i rischi dall'esposizione ad alte temperature. Pertanto, propedeutica al protocollo (e all'attuazione delle misure previste) è la “valutazione dei rischi” che non può prescindere dall'individuare attività e aree di lavoro più esposte al calore.
La sorveglianza sanitaria. In base alla valutazione rischi, stabilisce il protocollo, andrà attivata la sorveglianza sanitaria per quei lavoratori, non già sottoposti, per i quali dovessero risultare necessaria a giudizio del medico competente. Nell'ambito di tale sorveglianza, il medico, valutando lo stato di salute dei lavoratori, fornisce indicazioni per prevenire i rischi da colpo di calore. Alcune malattie come cardiopatie, malattie renali, diabete, obesità possono ridurre tale resistenza al caldo. Il medico, con il giudizio d'idoneità al lavoro, dà indicazioni sia al lavoratore e sia al datore di lavoro sulle possibilità di poter sostenere l'esposizione a calore; di conseguenza i lavoratori con specifiche indicazioni (negative) vanno impiegati in attività più leggere e con maggiori pause.
La strategia di prevenzione. Il protocollo individua una vera e propria “strategia” di prevenzione e protezione lavoratori: informazione e formazione; idratazione; abbigliamento, indumenti, Dpi; riorganizzazione dei turni di lavoro; pause; vigilanza e controlli; monitoraggio preventivo meteo. Sull'idratazione, oltre a rendere disponibile e facilmente accessibile l'acqua potabile, il datore di lavoro deve vietare il consumo di bevande alcoliche. Sulla riorganizzazione del lavoro, il datore di lavoro deve prevedere la variazione dell'inizio dei lavori e l'alternanza di turni tra lavoratori, in modo da minimizzare l'esposizione individuale a caldo e sole diretto. Infine, il datore di lavoro deve garantire pause brevi e frequenti e rendere disponibili aree ombreggiate o climatizzate per le pause, anche quella di pranzo.
Serve il protocollo aziendale. L'applicazione e la verifica dell'attuazione in azienda delle misure e delle indicazioni previste dal protocollo devono avvenire con un protocollo aziendale, che declini le misure nei diversi contesti lavorativi, con la partecipazione delle rappresentanze sindacali aziendali e del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls/Rlst).
Daniele Cirioli - 26 luglio 2023 – tratto da Italia Oggi