Conto alla rovescia per il lavoro agile che il 31 marzo esce dal regime di emergenza, introdotto per fronteggiare la pandemia, e torna ad essere disciplinato dalle regole ordinarie prevista nella legge 81/2017: una scadenza importante per le imprese che dovranno farsi trovare pronte. Non sarà un passaggio agevole in quanto verrà meno la regola che, durante la pandemia, ha reso possibile attivare lo smart working con modalità estremamente semplificate: la possibilità di “ordinare” lo svolgimento del lavoro agile in maniera unilaterale (bastava una semplice mail del datore di lavoro), senza necessità del consenso del dipendente e con procedure amministrative estremamente semplificate.

Con il ritorno alle regole previste dalla legge 81/2017, gran parte di queste semplificazioni verranno meno: un datore di lavoro che vorrà utilizzare il lavoro agile dovrà firmare, con ogni singolo dipendente interessato, un accordo individuale, che dovrà necessariamente disciplinare alcuni aspetti individuati dalla stessa legge 81/2017.

La scrittura degli accordi

L’accordo dovrà, innanzitutto, fissare la durata del collocamento in modalità agile (a termine, oppure a tempo indeterminato) fissando anche le regole per l’eventuale ritorno alla modalità ordinaria. Dovranno poi essere disciplinati gli aspetti più qualificanti del rapporto: con quale modalità si potrà decidere il lavoro fuori dalla sede, con quale frequenza, e con quali controlli.

La legge non entra nel merito di tali scelte, lasciando alle parti un’ampia discrezionalità su come regolarle: le parti potrebbero, quindi, definire procedure estremamente semplificate, prevedendo ad esempio per il lavoratore la comunicazione via email della volontà di accedere allo smart working, oppure stabilendo che il datore di lavoro può disporre a sua scelta quando e come adottare tale modalità. Oppure, al contrario, potrebbero scegliere un modello più rigido, stabilendo regole e procedure vincolanti. Nell’ambito di questa grande discrezionalità, le parti potrebbero anche decidere di stabilire una soglia minima o massima di giornate da svolgere in presenza, oppure lasciare la scelta al riguardo ad accordi presi di volta in volta tra il dipendente e il suo superiore.

Un altro tema che dovrà essere regolato dall’accordo è quello del diritto alla disconnessione. Un aspetto importante, che tutela entrambe le parti, è la prevenzione e i rischi per la salute connessi all’utilizzo eccessivo delle comunicazioni digitali. Dovrà inoltre essere disciplinato dell’uso degli strumenti di lavoro: le parti dovranno definire cosa viene messo a disposizione dall’azienda e cosa, invece, deve essere fornito dal lavoratore. L’intesa dovrà specificare quali sono le condotte specifiche che possono generare una responsabilità a carico del lavoratore durante lo svolgimento della prestazione in modalità agile (dalla violazione del dovere di riservatezza alla scelta di luoghi di lavoro non conformi a quelli concordati).

Invio semplificato

L’accordo individuale, nel disegno della legge 81/2017, è l’unico documento necessario per attivare lo smart working: pertanto, le aziende, per farsi trovare pronte alla scadenza del 1° aprile, potrebbero limitarsi a sottoscrivere tali accordi, completando la procedura con la comunicazione telematica semplificata. Va in questa direzione l’emendamento al decreto Sostegni ter, molto atteso dalle imprese e predisposto proprio in queste ore dal ministero del Lavoro, che prevede che il datore di lavoro dovrà comunicare, in via telematica, al ministero del Lavoro, i soli «nominativi dei lavoratori e la data di inizio e cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile», e non tutti i Pdf degli accordi individuali (che dovranno in ogni caso essere conservati dall’azienda).

Le linee guida del ministero

Non va tuttavia dimenticato che nel mese di dicembre del 2021 le parti sociali e il ministero hanno firmato un’intesa con la quale sono state definite alcune linee guida che possono avere un impatto importante sulla vicenda. Secondo tale intesa, i futuri accordi collettivi, nazionali e di secondo livello, dovranno definire regole comuni sul lavoro agile, che gli accordi individuali dovranno necessariamente recepire, quanto meno per quei datori di lavoro rientranti nel campo di applicazione di tali accordi collettivi.

Ciascun datore di lavoro dovrà fare, quindi, attenzione a questo aspetto, verificando che negli accordi collettivi applicati in azienda non esistano clausole e regole ad hoc sullo smart working, e tenendo conto del fatto che, con grande probabilità, a livello aziendale le rappresentanze sindacali vorranno definire intese e accordi sul tema.

Questi accorgimenti di natura contrattuale e giuridica consentiranno di far partire sul piano formale il “nuovo smart working”, ma non basteranno; i datori di lavoro dovranno accompagnare gli adempimenti giuridici e amministrativi con le misure organizzative capaci di valorizzare il lavoro agile.

Giampiero Falasca - 17 marzo 2022 – tratto da sole24ore.com

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