Buone notizie per chi ha in programma di mettersi a riposo. Dopo anni di stagnazione e anche di svalutazione, torna a crescere il montante contributivo su cui si calcola la pensione. Infatti, sale del 2,3% con riferimento al montante contributivo al 31 dicembre 2022 a favore di chi andrà in pensione nell'anno 2024. A ufficializzare il tasso di rivalutazione per l'anno 2023 è l'Istat con nota prot. 2302191/2023, pubblicata sul sito del ministero del lavoro. È dall'anno 2009 che non si registrava un tasso così alto (fu del 3,32%, seguito poi da valori mai arrivati al 2%).

La pensione contributiva.

La novità riguarda il calcolo della pensione con la c.d. «regola contributiva», in base alla quale l'importo della pensione è pari a una percentuale di tutti i contributi versati durante l'intera vita lavorativa (contributi in genere pari al 33% del proprio reddito, stipendio o retribuzione). La somma dei contributi formano il montante contributivo. La percentuale che, applicata al montante, determina l'importo annuo di pensione è prefissata dalla legge, in corrispondenza dell'età di pensionamento, a partire da 57 fino a finire a 71 anni: si chiamano «coefficienti di trasformazione». Anche questi coefficienti sono soggetti a revisione, a cadenza biennale (nel biennio 2023/2024 sono migliorati, rispetto al passato, comportando quindi un calcolo della pensione più alto rispetto al passato).

La rivalutazione 2023.

Il montante contributivo, ogni anno, è soggetto a rivalutazione al fine di conservare, se non tutto, almeno in parte il potere di acquisto (all'epoca della pensione, infatti, i contributi possono risalire anche a più di 30 o 40 anni). Il tasso di rivalutazione viene fissato ogni anno dall'Istat in misura pari alla variazione del Pil verificatasi nei cinque anni precedenti quello di rivalutazione. Poiché agganciato al Pil e non all'inflazione, il tasso di rivalutazione del montante sale ovvero scende in misura proporzionale all'eventuale crescita o decrescita dall'economia statale. Il tasso ufficializzato è relativo all'anno 2023, applicabile ai montanti contributivi accumulati al 31 dicembre 2022, a favore di chi va in pensione nell'anno 2024: è pari a 1,023082, che significa una rivalutazione del 2,3082%.

La «tassa» del Pil.

La tabella Istat dei tassi di rivalutazione parte dal 1976. Nei 48 anni, in due occasioni il tasso è negativo e, precisamente, nel 2014 e nel 2021. Nel 2014 (— 0,001927, quindi 250 mila euro di contributi sarebbe diventati 249.518 euro), fu l'Inps, in via amministrativa, a scongiurare la svalutazione sostenendo che la legge (è la n. 335/1995, la c.d. riforma Dini delle pensioni) non prevede l'applicazione del tasso in senso negativo. La tesi dell'Inps è divenuta norma nel dl n. 65/2015, che ha modificato la legge 335/1995 con la seguente precisazione: «in ogni caso il coefficiente di rivalutazione (…) non può essere inferiore a 1, salvo recupero da effettuare sulle rivalutazioni successive». Nel 2021 la storia si è ripetuta: —0,000215 che, per effetto della noma del dl n. 65/2015, non è stato applicato. A differenza di sette anni prima, però, il tasso non applicato è recuperato sulla rivalutazione del 2022: invece del tasso pieno (1,009973) si applica il tasso ridotto (1,009758) che recupera lo 0,000215 negativo del 2021.

Daniele Cirioli – 04 novembre 2023 – tratto da Italia Oggi

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