Via libera dell'Inps al ricalcolo in autotutela della minore sanzione per l'omesso versamento di ritenute contributive. Il nuovo importo, proporzionale all'omissione (da 150 a 400%) in luogo di quello fisso (da 10mila a 50mila euro), si applica retroattivamente, cioè anche alle omissioni commesse prima del 5 maggio, data d'entrata in vigore del decreto Calderone che ha previsto il più mite regime sanzionatorio. Lo spiega, tra l'altro, l'Inps nel messaggio

Stessa violazione, due regimi.

La novità, prevista dall'art. 23 del dl 48/2023, il cosiddetto decreto Calderone, riguarda la violazione dell'omesso versamento delle ritenute contributive operate dal datore di lavoro e committenti ai lavoratori e che fino all'anno 2016 costituiva reato. Dopo la depenalizzazione (dlgs 8/2016) la violazione è soggetta a due regimi sanzionatori:

a) il primo (rimasto) penale, se l'omesso versamento supera 10mila euro annui: si applica la pena della reclusione fino a tre anni e la multa fino a 1.032 euro;

b) il secondo, quando l'omesso versamento non supera 10mila euro annui: si applica solo una sanzione pecuniaria.

In entrambi i casi non c'è punizione se le ritenute omesse sono versate entro tre mesi dalla contestazione della violazione.

La riforma Calderone.

L'articolo 23 del decreto 48/2023 ha modificato il secondo regime sanzionatorio, stabilendo che, alle violazioni commesse dal 5 maggio d'importo fino a 10mila euro annui, si applica la sanzione «da una volta e mezzo a quattro volte l'importo omesso», cioè dal 150% al 400%. La novità mette fine a lunghi anni di contrasti tra imprese, consulenti e Inps (peraltro, la questione giace sul tavolo della Corte costituzionale, impugnata dal giudice di Verbania).

Effetto retroattivo.

Il decreto Calderone, spiega l'Inps, ha reso “più mite” il regime sanzionatorio, mentre non ha modificato il procedimento di notifica degli accertamenti della violazione, già posto in essere dall'istituto di previdenza. Pertanto, l'Inps ha aggiornato le procedure di calcolo delle sanzioni e ha avviato, in autotutela, anche la rideterminazione delle sanzioni per le situazioni pendenti e in corso.

Infatti, secondo l'Inps, la natura punitiva della sanzione, in conformità agli artt. 3 e 25 della Costituzione, all'art. 7 della corte europea per i diritti dell'uomo e all'interpretazione della Corte costituzionale per casi analoghi (sentenze 63/2019 e 193/2016), rende sostenibile l'equiparazione della sanzione amministrativa a quella penale, con conseguente applicazione del principio della retroattività in bonam partem.

Che cosa succede, ora?

La novità non si applica alle ordinanze-ingiunzioni per le quali sia intervenuto il pagamento integrale della sanzione (in tal caso il procedimento è chiuso). Negli altri casi, se il pagamento è in forma rateale e l'importo delle rate versate al 5 maggio superiore a quello della sanzione ricalcolata, l'Inps comunica la chiusura del procedimento sanzionatorio; se, invece, l'importo delle rate già versate è inferiore, l'Inps quantifica un nuovo piano di ammortamento. In ogni caso è escluso il rimborso di quanto eventualmente versato in misura superiore all'importo della sanzione ricalcolata.

Infine, nei contenziosi in essere gli avvocati dell'Inps procederanno a rideterminare la sanzione e a emettere un nuovo provvedimento che annulla e sostituisce il precedente, oggetto dell'opposizione già proposta.

Daniele Cirioli - 30 maggio 2023 - tratto da Italia Oggi

 

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