La scriminante del rischio consentito non salva dalla condanna per lesioni il calciatore che dà una testata all’avversario mentre il gioco è fermo, perché si sta recuperando il pallone fuori campo. La Cassazione respinge così il ricorso contro la condanna inflitta al calciatore, accusato di aver violato le regole e di essere venuto meno ai doveri di lealtà verso l’avversario. Inutilmente il giocatore si era difeso dicendo che il suo gesto era stato involontario e fatto nel corso del gioco, nei confronti di un avversario con il quale non c’era stato alcun litigio né uno scontro verbale. Una tesi supportata anche dal fatto che l’arbitro non lo aveva sanzionato. Diversa la ricostruzione dei giudici. Il “fattaccio” era avvenuto «durante una fase di gioco fermo per il recupero del pallone fuoriuscito dal rettangolo di gioco». E i compagni di squadra del destinatario della testata, avevano invitato l’arbitro ad estrarre il cartellino, ma il giudice di gara non aveva preso provvedimenti perché non aveva visto direttamente l’aggressione.

L’azione ordinaria di gioco

I giudici di legittimità ricordano che in tema di competizioni sportive, non è applicabile la cosiddetta scriminante del rischio consentito, qualora nel corso di un incontro di calcio, l’imputato colpisca l’avversario, con un pugno, o una testata come nel caso esaminato, al di fuori di un’azione ordinaria di gioco. Ad avviso della Cassazione si tratta, infatti, «di una dolosa aggressione fisica per ragioni avulse dalla peculiare dinamica sportiva». E questo perché va «considerato che nella disciplina calcistica l’azione di gioco è quella focalizzata dalla presenza del pallone ovvero da movimenti, anche senza palla, funzionali alle più efficaci strategie tattiche (blocco degli avversari, marcamenti, tagli in area ecc.) e non può ricomprendere indiscriminatamente tutto ciò che avviene in campo, sia pure nei tempi di durata regolamentare dell’incontro».

Patrizia Maciocchi - 16 marzo 2023 – tratto da sole24ore.com

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