«Il decreto legge n. 157/2020 (cosiddetto decreto ristori-quater) è intervenuto nella disciplina della rottamazione-ter, rinviando al 1° marzo 2021 il termine per il pagamento delle rate in scadenza nel 2020, in precedenza fissato al 10 dicembre 2020». È quanto si legge in una nota pubblicata sul sito dell'Agenzia delle entrate. Precisa come una fucilata, leggera come un aquilone. Ma per i destinatari il contenuto è pesante come un incudine. Significa infatti che chi ha beneficiato della sospensione del versamento delle rate relative alla rottamazione nel corso del 2020 (quattro rate trimestrali), deve pagare tutto al primo marzo. Non solo, entro la stessa data deve pagare anche la prima rata trimestrale del 2021.

La sospensione dei pagamenti era stata concessa a causa del blocco o della riduzione della gran parte delle attività economiche conseguenza delle misure anti-covid. Chi non ha fatturato nel 2020 difficilmente avrebbe potuto pagare le rate di una sanatoria (e se aveva avuto bisogno di una sanatoria significa che anche prima non è che sprizzasse salute). Il primo marzo, quando presumibilmente le misure anti-Covid saranno ancora in essere, o avranno appena mollato il freno, si chiede a questi malcapitati di pagare non una o due rate, e già per molti sarebbe un problema, ma cinque rate contemporaneamente.

È abbastanza evidente che la maggior parte di loro non ce la può fare. Se non riuscivano a pagare le imposte prima della pandemia, tanto da dover ricorrere alla rottamazione, sarà ben difficile che riescano a trovare liquidità sufficiente a pagare un anno di arretrati più il primo trimestre 2021.

Un problema enorme, che sembra non interessare l'Agenzia delle entrate che, giustamente dal suo punto di vista, si limita a spiegare gli effetti delle norme e a precisare poi le modalità di pagamento, né il ministero dell'economia, che la responsabilità politica di gestire la situazione.

Per chi si trova in difficoltà, però, è un macigno legato intorno al collo. Inevitabilmente, in molti casi,una disciplina così bieca sarà un motivo in più per la decisione che un imprenditore non vorrebbe mai prendere, quella di chiudere bottega. Dopo di che non solo il fisco dovrà rinunciare del tutto alla tosatura, ma anche alla pecora.

Marino Longoni - 09 dicembre 2020 – tratto da Italia Oggi

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