Una piattaforma online pensata per aiutare chi non riesce a recuperare un credito o a farsi rimborsare una somma o risarcire un danno di modesta entità (fino a 5mila euro) da un cittadino o da un’impresa di un altro Paese Ue. Basta infatti spiegare la situazione al sistema, rispondendo alle domande che passo passo vengono poste, per sapere se è possibile utilizzare la procedura Ue per gli “small claims” (appunto le controversie di modesta entità), alternativa a quella ordinaria, più semplice e rapida e meno costosa. Non solo: la piattaforma indica anche la lingua da utilizzare per compilare la domanda e guida a reperire le informazioni per individuare il giudice competente e l’entità dei costi da affrontare.

Il sistema è stato realizzato nell’ambito del progetto Scan (small claims analysis net) finanziato dalla Ue e coordinato dall’Università di Napoli Federico II in consorzio con altri otto partner europei (le Università di Lubiana, Luiss di Roma, di Vilnius, di Bruxelles, Hec di Parigi, oltre al Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma, all’Adiconsum e alla Union des avocats européens del Lussemburgo). Partito nel 2018, il progetto si è appena concluso. In parallelo alla piattaforma, i partner hanno elaborato anche un set di proposte per migliorare le norme europee che regolano la procedura per le controversie di modesta entità.

Le genesi del progetto

Il progetto è infatti nato per «diffondere la conoscenza e l’utilizzo del procedimento europeo per gli small claims», spiega Francesco Romeo, docente di logica e informatica giuridica presso l’Università Federico II di Napoli e coordinatore europeo di Scan. «Si tratta di una procedura - prosegue Romeo - che punta a realizzare una giustizia europea efficace, rapida e poco costosa. Il nostro obiettivo era creare degli strumenti per renderla familiare e accessibile a tutti, soprattutto ai consumatori e alle Pmi».

Nei fatti, la “small claims procedure” esiste da tempo: è stata introdotta dal regolamento 861 del 2007, poi modificato dal regolamento 2421 del 2015, che ha, tra l’altro, innalzato il limite di valore della lite dai 2mila euro originari a 5mila euro. Ma finora è stata molto poco utilizzata. Dalle indagini svolte nell’ambito del progetto Scan è infatti emerso che, anche se sono molti i potenziali destinatari della procedura per gli small claims ad averne sentito parlare, solo una minoranza l’ha utilizzata e i più non saprebbero a chi rivolgersi per avere informazioni aggiuntive. E anche tra gli addetti ai lavori (avvocati, giudici ed esperti) non è diffusa la conoscenza della procedura.

Il procedimento «small claims»

La procedura può essere utilizzata per le controversie di valore fino a 5mila euro che coinvolgano soggetti domiciliati o residenti in Paesi Ue diversi (esclusa la Danimarca, dove la procedura small claims non è operativa). Si può trattare, ad esempio, di recupero crediti, di rimborsi per l’acquisto di prodotti difettosi o servizi non resi, di risarcimento danni per incidenti, mentre sono escluse (tra le altre) le liti con il fisco, quelle tra coniugi, le successioni e le controversie di lavoro.

Sono liti per cui si può sempre utilizzare la giustizia ordinaria degli Stati membri che però spesso prevede tempi e costi che possono scoraggiare chi deve recuperare somme contenute. In alternativa, la procedura Ue permette di ottenere una decisione, eseguibile in tutti i Paesi Ue, compilando un modulo standard e inviandolo al giudice competente (in Italia, il giudice di pace). Quest’ultimo deve compilare a sua volta il modulo di replica e inviarli entrambi entro 14 giorni alla controparte, che ha poi 30 giorni per rispondere. Di norma la procedura è scritta, ma il giudice può fissare un’udienza se è indispensabile, a cui le parti in lite possono partecipare anche senza avvocati. Entro altri 30 giorni il giudice emette la sentenza.

Il progetto Scan

Una procedura semplice, ma che comunque può essere complesso mettere in pratica per chi è digiuno di competenze giuridiche. La piattaforma del progetto Scan (raggiungibile dal sito scanproject.eu) cerca intanto di spiegare a cosa serve e come si articola il procedimento, utilizzando le tecniche del legal design.

E poi offre una guida (per ora solo in inglese) che aiuta gli interessati a scoprire se la loro controversia rientra fra quelle per cui si può utilizzare la procedura, in quale lingua va compilata la domanda, a quale giudice va indirizzata e quanto potrebbe costare il procedimento.

Nell’ambito del progetto sono poi state elaborate delle linee guida per il legislatore europeo che mettono in evidenza le criticità del sistema e propongono modifiche normative per rendere la procedura più “attraente”. Tra l’altro, si propone di aumentare il limite di valore da 5mila a 10mila euro, renderla applicabile a nuove controversie (come quelle che riguardano i diritti di proprietà, le obbligazioni che derivano da relazioni familiari, le successioni e alle cause di lavoro), valutare se farla diventare obbligatoria e se estenderla alle cause non transfrontaliere.

Valentina Maglione – 02 febbraio 2021 – tratto da sole24ore.com

Altre notizie