Ai mille danni della pandemia si aggiunge la voragine che ha aperto nei conti dell’Inps: quest’anno il passivo dell’Istituto di previdenza sarà di 26 miliardi di euro, cioè a seguito a 19,6 in più del previsto. E si devono in gran parte al Covid anche i due dati macroeconomici negativi resi noti ieri dall’Istat: nel secondo trimestre i consumi delle famiglie italiane sono scesi dell’11,5%, e il deficit pubblico è aumentato fino al 10,3% del Pil, da confrontare con il 2 e qualcosa di cui si dibatteva aspramente negli anni scorsi, e con la pena che si portava appresso ogni sforamento dello zero virgola.

Dunque l’Inps torna sotto i riflettori, e stavolta non c’entrano né le polemiche sul ritardo dei pagamenti della cassa integrazione né quelle sull’aumento degli emolumenti del presidente Tridico. Adesso il problema è il «rosso» nel bilancio del 2020, che arriva a 26 miliardi, in netto peggioramento rispetto ai 6,4 miliardi attesi prima che cominciasse a imperversare il virus. Le misure di sostegno dovute al Covid sono andate a beneficio di 13,3 milioni di italiani. Oltre 4 milioni hanno ricevuto il bonus di 600 euro, 660 mila il bonus baby-sitting, 260 mila quello per i lavoratori domestici, 570 mila gli assegni per il reddito di emergenza, 1,3 milioni il reddito o la pensione di cittadinanza, e 5,8 milioni la cassa integrazione, di cui 3,1 milioni a pagamento diretto e 2,7 con pagamento a conguaglio. In totale sono state autorizzate 2,8 miliardi di ore di Cig.

Sul fronte dei consumi l’Istat certifica la condizione di difficoltà della famiglie italiane, che nel secondo trimestre, di fronte alla crisi economica indotta dalla pandemia, hanno visto il reddito ridursi del 5,8% rispetto al trimestre precedente, e i consumi contrarsi di quasi il doppio, cioè l’11,5%. La propensione al risparmio è aumentata di 5,3 punti percentuali, ma questo non è indice di accresciuto benessere, al contrario, testimonia della paura di chi teme il futuro e vuole premunirsi mettendo qualcosa da parte. Purtroppo questo peggiora la crisi avvitandola in una spirale negativa: meno consumi - più crisi - meno consumi e così via.

Diverse associazioni di categoria manifestano preoccupazione. La Coldiretti stima «una minore spesa alimentare per 24 miliardi nel 2020, dovuta a un crollo della ristorazione fuori casa non compensato dal leggero aumento della spesa domestica». L’istituto Ismea rileva che i consumi in Italia sono regrediti di dieci anni al livello del 2010. La Confesercenti stima una caduta dei consumi di 15 miliardi e si preoccupa anche degli effetti non transitori, dato che «l’emergenza ha impattato negativamente sulla fiducia dei consumatori», in particolare in settori come quello della moda, importantissimo per l’economia italiana.

Luigi Grassia – 30 ottobre 2020 – tratto da Lastampa.it

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