Il dipendente conta su una donazione che arriva grazie al rapporto di lavoro subordinato. Il concetto di mancia comprende anche le regalìe di terzi

Via libera della Cassazione al pagamento delle tasse sulle mance. Un deciso cambio di passo, rispetto al passato, che la Suprema corte giustifica leggi alla mano. L’attuale articolo 51 del Testo unico delle imposte sui redditi, nel testo post riforma Irpef del 2004, prevede, infatti, una nozione onnicomprensiva di reddito da lavoro dipendente, non più limitata al salario percepito dal datore di lavoro. Nella definizione in vigore rientrano dunque tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, collegate al rapporto di lavoro. E quindi anche le mance che, anche quando non sono ricevute direttamente dal datore di lavoro, hanno origine dal rapporto subordinato e costituiscono un’entrata «sulla cui percezione il dipendente – scrive la Corte – può fare, per sua comune esperienza, ragionevole, se non certo affidamento».

La vicenda

Partendo da questo principio i giudici di legittimità, con la sentenza 26512 depositata ieri, accolgono il ricorso dell’Agenzia delle Entrate impegnata in una querelle con il capo ricevimento di un lussuoso Hotel a 5 stelle della Costa Smeralda. Ad avviso del fisco le generose mance dei vacanzieri avevano portato nelle tasche del dipendente dell’albergo circa 84 mila euro in un solo anno. Denaro, elargito in cambio della cortese accoglienza, che l’Agenzia delle Entrate aveva catalogato come reddito da lavoro dipendente non dichiarato.

Patrizia Maciocchi - 1 ottobre 2021 – tratto da sole24ore.com

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