Avere una conoscenza di base della lingua italiana, aver partecipato a un corso di formazione nell’ultimo triennio di almeno 40 ore per il ruolo di colf e di almeno 64 ore per baby sitter e badanti e infine aver lavorato per almeno 12 mesi - anche non continuativi - con un contratto in regola (sempre negli ultimi tre anni) .

Sono i pre-requisiti necessari per poter accedere alla “patente di qualità” dei lavoratori domestici, che ha trovato le proprie regole nella norma Uni 11766 «Attività professionali non regolamentate - Assistente familiare: colf baby sitter, badante - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza», approvata il 12 dicembre 2019.

La legge 4/2013 sulle professioni non regolamentate ha infatti previsto la possibilità di qualificare l’attività dei soggetti che le esercitano, tramite norme tecniche Uni. Finora, per il personale domestico non esisteva un sistema nazionale di riconoscimento delle competenze. Ora c’è: l’adesione è su base volontaria.

Le competenze richieste
La norma Uni contiene nel dettaglio le conoscenze, le abilità e le competenze legate ai compiti previsti per il personale domestico. In Italia si tratta di circa due milioni di persone: 859mila in regola e circa 1,2 milioni stimati in nero. Chi vorrà certificare le proprie capacità come baby sitter o come badante, dovrà avere anche le competenze richieste ai collaboratori familiari. Per chi fa da baby sitter e da badante, ad esempio, la norma Uni 11766 prevede la conoscenza delle manovre di disostruzione in caso di soffocamento, oltre alla capacità di praticare misure di primo soccorso. Tra le abilità , c’è quella di fare al bambino o all’anziano una compagnia non semplicemente passiva, ma che sia stimolante e gratificante.

Per le badanti, è prevista, tra le altre abilità, quella di garantire l’igiene della persona assistita in modo tecnicamente corretto, oltre alla capacità di cogliere i segnali di disidratazione e di intervenire in caso di necessità. La norma contiene anche nove regole di condotta (deontologiche) che i lavoratori domestici dovrebbero osservare, tra le quali la riservatezza su tutte le informazioni sensibili relative alla famiglia presso cui lavorano. La norma Uni 11766 non si applica alle attività e alle professioni sanitarie e socio-assistenziali regolamentate.

I corsi di formazione
Per poter “certificare” le proprie competenze in base alla norma Uni, i lavoratori domestici dovranno affrontare un esame con prova scritta e orale. I corsi di formazione (di 40 ore per i colf che diventano 64 ore per baby sitter e badanti, con una struttura modulare) partiranno dopo l’accreditamento degli enti, che potranno sia erogare i corsi, sia valutare le competenze con gli esami e quindi materialmente attribuire la “patente di qualità” ai lavoratori domestici.

Il peso sulla retribuzione
La certificazione delle competenze inciderà sulla retribuzione dei lavoratori domestici e sui minimi previsti dal Contratto collettivo nazionale del settore? «La valorizzazione della certificazione a livello retributivo e il riconoscimento dei permessi ai lavoratori per poter frequentare i corsi saranno oggetto di trattativa in sede di rinnovo del contratto nazionale (che è in corso, ndr)», spiega l’avvocato Alessandro Lupi, vicepresidente dell’associazione datoriale Assindatcolf e di Ebincolf, l’ente bilaterale del comparto dei datori di lavoro dei collaboratori familiari. «L’approvazione della norma Uni sugli assistenti familiari - aggiunge - è positiva perché servirà a riconoscere una professionalità e un ruolo sociale di maggior rilievo a chi lavora presso le famiglie. Il lavoro domestico - conclude Lupi - è anche un importante veicolo di inclusione sociale».

Valentina Melis - 28 gennaio 2020 – tratto da sole24ore.com

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