Dopo il tovagliometro la Cassazione sdogana l’acquamineralometro. È infatti legittimo l’accertamento a carico dell’esercizio pubblico basato sul consumo di acqua minerale. Spetta al contribuente dimostrare l’invalidità delle presunzioni usate dal fisco.
È quanto affermato dalla Suprema corte che, con la sentenza n. 25129 del 7 dicembre 2016, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate. 
La sezione tributaria del Palazzaccio ha dunque ribaltato il verdetto con il quale la Ctr del Lazio aveva ritenuto illegittimo l’atto impositivo. In sentenza si legge infatti che nella prova per presunzioni, la relazione tra il fatto noto e quello ignoto non deve avere carattere di necessità, essendo sufficiente che l’esistenza del fatto da dimostrare derivi come conseguenza del fatto noto alla stregua di canoni di ragionevole probabilità. Pertanto, in tema di accertamento presuntivo del reddito d’impresa, ai sensi del dpr 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), è stato ritenuto legittimo l’accertamento che abbia ricostruito i ricavi di un’impresa di ristorazione sulla base del consumo unitario dei tovaglioli utilizzati. 
Gli Ermellini hanno rilevato che l’acqua minerale può costituire valido elemento per la ricostruzione presuntiva del volume di affari della società intimata, esercente la medesima attività, in quanto il consumo dell’acqua minerale deve ritenersi un ingrediente fondamentale, se non addirittura indispensabile, nelle consumazioni effettuate sia nel settore del ristorante che della pizzeria.

Deborah Alberici – 08 dicembre 2016 – tratto da Italia Oggi

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