Vittima e autore di reato, se lo vogliono, possono fare pace. Grazie anche al mediatore penale professionale (cioè un dipendente comunale o statale). Ma il risarcimento patrimoniale alla persona offesa (o ai familiari) non è un obiettivo specifico.
È la sintesi dello schema di decreto legislativo, approvato in via preliminare dal governo il 22 febbraio 2018, in materia di disposizioni in materia di giustizia riparativa e mediazione reo-vittima, attuativo della legge delega 103/2017, all'ordine del giorno dei lavori della commissione giustizia della camera calendarizzati il 6 settembre. All'esito del parere il testo tornerà al consiglio dei ministri per il via definitivo.
Il decreto legislativo in itinere risponde all'idea della pacificazione reo-vittima, in ottica di prevenzione speciale (evitare recidive da parte del reo) e generale (migliorare la convivenza sociale).
La trasformazione di questa idea in risultati concreti sarà oggetto di valutazione statistica una volta maturati i tempi per fare bilanci.
Al momento ci si deve limitare alla descrizione e alla comprensione dell'istituto.
Istituto che ha uno sbarramento iniziale molto alto: tutti devono fare un passo avanti e devono volere essere protagonisti di questo passaggio di riparazione.
Il consenso potrebbe essere la chiave di volta dell'operazione, ma anche la porta che non si apre nemmeno.
L'altro aspetto è che si scommette sul valore della riconciliazione, mettendo in secondo piano gli interessi.
Il discorso vale sia per il reo, sia per la vittima: che cosa si mette in tasca ciascuno dei due non è immediatamente tangibile.
In questo quadro diventa veramente arduo il lavoro del mediatore penale professionale, che si deve mettere in mezzo a una situazione di divisione conflitto e trasformarla in una situazione di moltiplicazione di affetti.
Partiamo dal consenso.
Il consenso, da mettere sempre per iscritto, dei soggetti coinvolti costituisce elemento fondamentale per l'avvio dei programmi di giustizia riparativa, e deve essere un consenso consapevole, cioè libero e informato, sempre revocabile.
Se non c'è consenso, non ci sarà programma di riparazione.
Quanto agli interessi, il decreto deliberatamente persegue questo interesse: i programmi di giustizia riparativa non possono, in ogni caso, essere previsti come sanzione o condizione per accedere a benefici.
Dal punto di vista del reo, se il programma di riparazione fallisce, niente di irreparabile, perché l'esito negativo non pregiudica l'accesso a misure alternative o ad altri benefici carcerari; se, invece, è positivo non c'è un vantaggio immediato, in quanto tutto ciò sarà genericamente rimesso alla valutazione della magistratura di sorveglianza sul percorso di reinserimento sociale del condannato.
Anche per la vittima gli interessi devono essere messi in secondo piano. Il programma può chiudersi con un accordo di riparazione di contenuto anche solo simbolico.
I lavori parlamentari spiegano che il ristoro materiale non è, infatti, lo scopo del procedimento.
L'accordo potrebbe limitarsi a scuse formali da parte del reo e/o allo svolgimento di attività socialmente utili e, sempre le relazioni illustrative del decreto spiegano che, in tale ultima evenienza si avrebbe una commistione tra attività riparativa verso la vittima e attività riparativa nei confronti della collettività.
In sostanza riparazione e risarcimento sono due concetti diversissimi.
L'attore principale sarà il mediatore penale professionista, descritto come soggetto alle dipendenze delle amministrazioni statali e locali, soprattutto quelle comunali, senza previsione di compensi, gettoni, rimborsi ed altre forme di indennità per le attività svolte in qualità di mediatori. La riforma deve essere a costo zero. Se la devono sbrigare stato e, soprattutto, comuni con i mezzi finanziari a disposizione (il provvedimento si chiude con la famosa clausola di invarianza).
Ultimo punto: il programma potrà essere usato anche per la gestione dei conflitti all'interno degli istituti penali e, quindi, per obiettivi di serenità penitenziaria.
Antonio Ciccia Messina - 29 agosto 2018 – tratto da Italia Oggi

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