Credete di sapere tutto su quando si può fare ricorso contro una multa per eccesso di velocità? Sbagliate: le sentenze sulla materia sono sempre tante, se non altro perché nel tempo le regole su autovelox e simili sono diventate davvero tante. I giudici offrono interpretazioni a volte sorprendenti.

Senza contare che l’inventiva di controllori e controllati e l’evoluzione tecnologica dei misuratori utilizzati dalle forze dell’ordine nell’ultimo decennio apre questioni sempre nuove. Ecco una raccolta di pronunce recenti e significative.

Il mancato alt va argomentato
Era un classico negli anni Novanta: opporsi a una multa per non essere stati fermati subito in modo da far cessare la situazione di pericolo e consentire al trasgressore di difendersi, come prescrive il principio generale previsto dall’articolo 200 del Codice della strada. All’inizio del decennio successivo, sono arrivati i Dl 121/2002 e 151/2003, che hanno ampliato i casi in cui sono consentiti i controlli automatici e sono stati ulteriormente “arricchiti” dalla legge 120/2010. Tagliando molti di quei contenziosi, ma aprendone altri.

Tra i contenziosi tagliati, quelli sulle motivazioni con cui il verbale giustifica il mancato alt: in molte situazioni, le nuove norme hanno autorizzato esplicitamente a non fermare i trasgressori su tutte le autostrade e le strade extraurbane principali; sul resto della viabilità, lo hanno fatto per i tratti individuati dai prefetti (delle altre strade extraurbane e delle strade urbane di scorrimento). Ma qualcuno presenta ancora ricorsi. E, a sorpresa, vince.

È accaduto a Casacanditella (Chieti), dove un automobilista è stato multato su un tratto di viabilità ordinaria non individuato dal prefetto e quindi soggetto alla regola generale secondo cui gli agenti devono specificare nel verbale il motivo del mancato alt. Questa giustificazione è normalmente molto sintetica, fino a sconfinare in mere clausole di stile: parafrasi della legge, copiate dai prontuari. Una prassi bacchettata dalla Cassazione nell’ordinanza 27771/2017.

I giudici hanno osservato che scrivere sul verbale la classica frase «uso di apparecchi che consentono la rilevazione dell’illecito solo in tempo successivo o quando il veicolo sia già a distanza dal posto di accertamento» non può valere indiscriminatamente: quando la pattuglia si apposta su un rettilineo (cioè quasi sempre), «in via di principio» nulla impedisce di intimare subito l’alt. Dunque, bisogna aggiungere nel verbale altre giustificazioni, come l’assenza di piazzole per far fermare in sicurezza i trasgressori, il traffico intenso o il fatto che gli agenti fossero già impegnati con altri utenti.

Se il Comune «sbaglia» la classificazione della strada
A Venaria (Torino), dove il Comune aveva forzato le norme per classificare come urbana di scorrimento (su cui quindi è sempre possibile non fermare subito i trasgressori e quindi anche attivare controlli automatici) una strada che invece non lo era (analogamente avevano fatto altri municipi, come quelli di Firenze e Torino). A un automobilista che aveva presentato ricorso, il Tribunale aveva risposto di non poter sindacare la scelta del Comune.

La Cassazione, con la sentenza 5532/2017, ha stabilito l’esatto contrario: un atto che classifica una strada in modo erroneo è illegittimo «e può essere disapplicato nel giudizio» sul ricorso. Il giudice non può chiamarsi fuori, «dovendo anzi, al contrario, procedere a tale sindacato e, a tal fine, verificare...le caratteristiche oggettive della strada».

Segnali di preavviso illeggibili
Meno margini, invece, per chi eccepisce che i segnali di preavviso del controllo di velocità (obbligatori da agosto 2007) sono poco leggibili. Per dimensione, posizionamento, colore o scelta dei caratteri. Decidendo su una lunga causa promossa da un folto gruppo di automobilisti sardi, la Cassazione (sentenza 23599/2017) ha stabilito che la non avvistabilità del segnale va dimostrata concretamente caso per caso da parte del ricorrente.

Quindi, occorre produrre motivi be argomentati e non limitarsi a citare le parti del Regolamento di esecuzione del Codice della strada che riguardano la segnaletica, anche perché il Dm Infrastrutture del 15 agosto 2007 stabilisce che esse sono applicabili soo «in quanto compatibili» con il caso dei preavvisi di controllo.

Dietro gli alberi
Sempre da agosto 2007, le postazioni di controllo devono essere ben visibili. Non è necessario che si veda il misuratore di velocità, basta che si vedano il box, il palo o il veicolo di servizio su cui è installato. Per rendere visibili box e pali, occorre il segnale col simbolo del corpo di polizia, necessario anche sul veicolo solo quando esso è anonimo (cioè non con la livrea e le sirene).

Però nel caso del Comune di Trodena (Bolzano) che aveva piazzato un box regolarmente segnalato ma in fondo a un filare di alberi presenti a bordo strada, la Cassazione (ordinanza 25392/2017) ha giudicato corretta la valutazione del Tribunale secondo cui una postazione di questo tipo non è ben visibile.

Telelaser e segnaletica
Contraddittorio è il caso del Telelaser quando qualcuno ripesca il principio secondo cui i controlli fissi devono essere presegnalati con cartelli fissi e quelli saltuari con cartelli temporanei (di quelli che si appoggiano sull’asfalto). Principio ampiamente disatteso nella prassi, ma stabilito dal Dm Infrastrutture 282/2017 (che consente le presegnalazioni fisse di controlli non permanenti con apparecchi automatici solo quando gli appostamenti di pattuglie sono programmati nell’ambito di piani coordinati dai prefetti).

La natura temporanea o permanente della postazione, poi, secondo la Cassazione va attestata nel verbale (sentenza 5997/2014) .

Il Tribunale di Ravenna (sentenza 261/2018) ritiene che il principio non valga quando si usa un Telelaser: già il fatto che sia stato usato questo apparecchio implica che il controllo sia di quelli temporanei. Ma ciò poteva essere vero fino a una quindicina di anni fa, quando le pistole laser erano utilizzabili solo così: dal 2003 esistono versioni evolute che possono anche funzionare in automatico in un box.

Peraltro, i vecchi Telelaser di fatto potevano essere usati solo fermando subito il trasgressore. Quelli attuali, proprio per la possibilità di funzionare in automatico che offrono, possono anche essere utilizzati come autovelox: puntano in automatico i veicoli alle loro spalle e la fotocamera che li integra immortala la targa posteriore (in modo da non farsi sfuggire le moto). Questa modalità di funzionamento è stata ritenuta pienamente legittima dal Tribunale di Modena (sentenza 2134/2017).

Obbligo di taratura anche retroattivo
Un altro grande classico è la taratura. Tre anni fa la Corte costituzionale (sentenza 113/2015) ha chiuso la lunga questione stabilendo che è necessaria. Il Tribunale di Ancona (sentenza 213/2018) ha osservato che questa pronuncia non solo è retroattiva, ma spiazza le prassi seguite dai Comuni che avevano affidato le verifiche periodiche agli stessi produttori degli apparecchi: occorrono tarature effettuate da enti accreditati presso Accredia.

Maurizio Caprino - 5 ottobre 2018 – tratto da sole24ore.com

Altre notizie