Il deposito dei documenti, eseguito oltre i venti giorni liberi precedenti la trattazione della vertenza dell'agenzia della riscossione, comporta l'inammissibilità degli stessi e l'impossibilità di tener conto di quelle produzioni tese a dimostrare le affermazioni del concessionario.
È il chiaro indirizzo della Commissione tributaria provinciale di Milano che si legge nella sentenza n. 3571/2018 emessa dalla sezione dodicesima (Biancospino presidente e relatore) e depositata in segreteria il 31 agosto scorso. La vertenza tratta di un ricorso presentato contro diverse cartelle di pagamento di cui la società ricorrente diceva di non aver ricevuto notifica. L'agenzia della riscossione si costituiva in giudizio il 23 aprile 2018, depositando anche i documenti relativi alla notifica delle cartelle, quattordici giorni prima della trattazione della vertenza fissata per il 7 maggio. In sede di trattazione la ricorrente eccepiva l'inammissibilità e tardività di quanto prodotto dall'agenzia in violazione dei termini previsti ex art. 32 del dlgs n. 546/92. I giudici provinciali meneghini non hanno avuto dubbi e, sia pure ritenendo valida, ancorché tardiva la costituzione in giudizio (rispettosa del termine di dieci giorni liberi prima dell'udienza) hanno dichiarato inammissibile la produzione documentale. La data che era stata fissata per la discussione in pubblica udienza, infatti, era il 7 maggio 2018 e che quelle produzioni erano state depositate il giorno 23 aprile; era di tutta evidenza la tardività delle stesse, che avrebbero dovuto pervenire alla Commissione entro i 20 giorni liberi antecedenti alla data dell'udienza. La stessa Cassazione (sentenza n. 12783/2015), richiamata nella sentenza in commento, ritiene ormai pacificamente perentori i suddetti termini ex art. 32, proprio perché posti a garanzia del diritto di difesa delle parti e della corretta instaurazione del contraddittorio. Nel caso di specie le parti costituite non avevano potuto in alcun modo essere edotte della costituzione dell'agente della riscossione se non tardivamente, comportando ciò l'impossibilità di esame della documentazione dallo stesso prodotta dal momento che le attività processuali ad esso spettanti risultano ormai precluse dal mancato rispetto dei termini previsti per la produzione di documenti. Il collegio provinciale ha accolto il ricorso, annullato le cartelle e condannato l'agenzia erariale alle spese di euro 3 mila oltre contributo unificato e accessori di legge.

Benito Fuoco e Nicola Fuoco - 11 settembre 2018 – tratto da Italia Oggi

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