L’ondata di nuove competenze che sta investendo i tribunali delle imprese rischia di mettere in pericolo una realtà che, nonostante performance ancora buone, già non è più indenne dai mali della giustizia italiana: tempi che si allungano e arretrato in crescita. Il Codice della crisi che ha riscritto la disciplina fallimentare e la riforma della class action assegnano infatti nuovi compiti alle sezioni specializzate in materia d’impresa, introdotte sette anni fa dal decreto legge 1/2012 per concentrare in un numero ridotto di tribunali (sono 22) le controversie su materie tecniche complesse e delicate per la vita delle aziende, come diritto societario, concorrenza sleale e tutela di marchi e brevetti.

L’obiettivo, in parte raggiunto, di garantire decisioni veloci e uniformi rischia ora di venire compromesso dai nuovi compiti in arrivo, non accompagnati da alcun aumento di organico. Già nel 2018 (in base ai dati forniti dal ministero della Giustizia e rielaborati dal Sole 24 Ore) l’arretrato delle sezioni è aumentato del 7% , mentre la durata media dei procedimenti è salita da 597 a 641 giorni.


Crisi d’impresa 
Il Dlgs 14/2019 (Codice della crisi d’impresa) chiama più volte in causa le sezioni specializzate, affidando loro una serie di compiti di rilievo, alcuni già operativi, altri in arrivo. L’estensione alle Srl senza organi di controllo della possibilità di denunciare gli amministratori per irregolarità della gestione (articolo 2409 del Codice civile) è scattata dal 16 marzo mentre la competenza sulle misure protettive a favore del debitore durante il tentativo di soluzione anticipata delle difficoltà presso l’Ocri, il nuovo organismo di composizione delle crisi d’impresa, arriverà il 15 agosto 2020.

Platea ampia
Ma ai tribunali delle imprese spetterà (su istanza) anche la nomina degli organi di controllo delle Srl obbligate a questo adempimento dal nuovo Codice. I nove mesi concessi dal Dlgs 14/2019 scadono il 16 dicembre. «Le Srl interessate sono moltissime (circa 140mila) e se solo il 10% non rispettasse l’obbligo si tratterebbe di 14mila società. Anche se non si tratta di un procedimento complesso sono numeri che possono davvero intasare i tribunali», spiega Raffaele Del Porto, presidente della sezione impresa di Brescia. «La riforma Rordorf prevedeva una parte organizzativa che è stata stralciata; ora sarebbe opportuno che il Cdm desse indicazioni sulle ricadute operative», aggiunge Mariano Sciacca, presidente della sezione imprese di Catania.

Class action
Ad ampliare il raggio d’intervento dei tribunali delle imprese è anche la riforma della class action varata dal governo Lega-M5S. Le prime azioni di classe arriveranno alle sezioni specializzate tra oltre un anno, dato che le novità previste dalla legge 31/2019 si applicheranno agli illeciti commessi dopo la sua entrata in vigore, il 19 aprile 2020. «Le class action sono cause molto complesse che non valgono “uno”», dice Claudia Pedrelli, presidente di una delle due sezioni che a Roma si occupano (non in modo esclusivo) della materia d’impresa. «La fase della liquidazione dei richiedenti è una specie di procedura concorsuale in cui il giudice deve decidere sulle singole posizioni».

Per Mario Tuttobene, presidente del tribunale delle imprese di Genova, «la nuova class action è un salto nel buio totale. Finora a Genova sono state presentate pochissime azioni di classe e sono state trattate dalle sezioni competenti per le diverse materie. Sarà necessario verificare sul campo quanta fortuna avrà la nuova procedura. Certo, se le azioni di classe fossero tante rischierebbero di far diventare “altro” i tribunali delle imprese perché li porterebbero a occuparsi di materie molto diverse da quelle attuali, come, ad esempio, rapporti bancari e assicurativi». Nuove competenze sostanziali, quindi. Per affrontarle, rilevano dal tribunale delle imprese di Bari, occorrono più risorse; altrimenti, il rischio è quello di non riuscire a garantire l’efficienza.

V.Maglione/B. L.Mazzei - 20 maggio 2019 – tratto da sole24ore.com

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