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Un «alert» che l’agenzia delle Entrate invia per segnalare le difformità riscontrate, consentendo al contribuente di verificare la posizione fiscale e mettersi in regola pagando gli importi dovuti.È la lettera di anomalia, che scaturisce dall’incrocio dei dati che convergono nel sistema dell’Anagrafe tributaria e ha lo scopo di favorire l’emersione di redditi non dichiarati o la correzione di dati non corretti presenti nei modelli inviati.In questo modo, prima che l’Agenzia notifichi un avviso di accertamento, il destinatario della comunicazione può regolarizzare l’errore o l’omissione tramite una dichiarazione integrativa e grazie all’istituto del ravvedimento operoso. In pratica, può mettersi in regola ed evitare successivi accertamenti da parte delle Entrate attraverso i seguenti passaggi:

 

La correzione entro 90 giorni

L’entità della sanzione varia a seconda della tempistica con cui avviene il ravvedimento e la presentazione della dichiarazione integrativa.

La circolare 42/E/2016 ha disciplinato in maniera puntuale l’esatto carico sanzionatorio attribuibile all’integrativa presentata entro 90 giorni dalla scadenza del modello originario. In particolare, in caso di dichiarazione integrativa o sostitutiva presentata nei primi novanta giorni dal termine ordinario, per correggere errori rilevabili in sede di controllo automatizzato o formale, la sanzione configurabile è solo quella per omesso versamento di cui all’articolo 13 del Dlgs 471/ 1997 pari al 30% di ogni importo non versato.

In caso, invece, di dichiarazione infedele (quindi con falle non rilevabili dal controllo automatizzato) è consentita la regolarizzazione di errori oppure omissioni compiuti nella predisposizione del modello originario con il pagamento, in ravvedimento operoso, di 1/9 della sanzione minima di euro 250 (pari dunque a 27,78 euro).

Se dall’integrazione scaturisce anche un minor versamento (derivante, appunto, da una dichiarazione infedele), oppure la riduzione di un credito già utilizzato, si applica – in aggiunta a quella fissa – anche la sanzione del 30 % di cui all’articolo 13 del Dlgs 471/97 (anziché quella dal 90 al 180%): anch’essa riducibile secondo le disposizioni sul ravvedimento operoso. In questi casi, quindi, la correzione si perfeziona con il compimento nei 90 giorni delle seguenti operazioni:

L’integrativa oltre i termini

Oltrepassato il termine dei 90 giorni, l’infedeltà dichiarativa torna a essere sanzionata secondo quanto stabilito dall’articolo 1, comma 2 del Dlgs 471/97: ovvero dal 90 al 180% della maggior imposta.

A tale fine, il contribuente che intende regolarizzare la propria posizione con il Fisco – anche a seguito di una comunicazione in attuazione dell’articolo 1, commi 634 e seguenti, della legge di Stabilità 2015 (legge 190/2014) – è tenuto a presentare una dichiarazione integrativa e a versare, oltre al tributo dovuto e agli interessi, la corrispondente sanzione proporzionale (che assorbe le altre violazioni relative all’infedeltà dichiarativa disvelata, ovvero quella prevista per l’omesso versamento) avvalendosi, eventualmente, del ravvedimento operoso e applicando le riduzioni previste dall’articolo 13 del Dlgs 472/ 1997, a seconda del momento in cui interviene il versamento (circolare 42/E/2016).

In caso di dichiarazione integrativa presentata oltre i 90 giorni dalla scadenza del termine ordinario, per correggere errori rilevabili in sede di controllo automatizzato o formale, la sanzione è quella per omesso versamento (articolo 13 del Dlgs 147/1997): pari in questo caso al 30%di ogni importo non versato (non trova applicazione la sanzione fissa di 250 euro).

M.Cerofolini/L.Pegorin - 27 settembre 2018 – tratto da sole24ore.com

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