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Cos’hanno in comune un ingegnere italiano che lavora a Londra, un imprenditore cinese con una società in India, un pensionato francese che vive in Olanda e un calciatore straniero appena ingaggiato in serie A? Sono tutti potenziali beneficiari dei regimi fiscali agevolati per far rientrare o attirare nel nostro Paese quello che la burocrazia chiama “capitale umano”.

Gli sconti sono stati appena potenziati dal Parlamento approvando il decreto crescita (Dl 34/2019, convertito dalla legge 58). E mettono l’Italia in pole position nella competizione fiscale con gli altri Paesi, con una riduzione dell’Irpef che, a seconda dei casi, può andare dal 64 fino al 93 per cento. Una gara a colpi di bonus, comunque, controversa. Criticata da chi paventa il rischio di un “turismo fiscale” senza freni. E sostenuta - al contrario - da chi ritiene che l’Italia debba combattere la concorrenza di altri Stati e la fuga dei cervelli, con gli iscritti all’Aire ormai a quota 5,3 milioni nel 2018. Sta di fatto che queste misure sono state varate sia dai governi di centrosinistra sia da quello gialloverde.

In bilico tra superbonus e rientro

Il regime per gli impatriati nelle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2018 è stato usato da 3.758 contribuenti (italiani al rientro o stranieri che hanno scelto il nostro Paese), con un reddito medio lordo di circa 123mila euro.

Per potenziarlo, il decreto crescita fa leva su quattro direttrici. La riduzione dell’imponibile tassato (dal 50 al 30%), l’estensione del bonus a chi avvia un’impresa o non ha titoli di studio particolari, la possibile proroga per altri cinque anni dopo il primo quinquennio e il supersconto per chi si trasferisce al Sud (imponibile ridotto al 10%). In parallelo, aumentano e si allungano gli incentivi per ricercatori e docenti.

Molte di queste modifiche recepiscono le istanze degli impatriati e degli expat, ma non tutte le richieste sono state ascoltate. «Ora il sistema incentivante è molto forte e può davvero pesare nelle decisioni sul rientro, anche se queste misure restano poco note all’estero», spiega Michele Valentini, un lavoro nella finanza a Milano e un passato a Londra, animatore della community Gruppo Controesodo, che raccoglie circa 900 impatriati (www.gruppocontroesodo.it). Nella versione precedente, «lo sconto fiscale non era dirimente - aggiunge - perché l’Italia sconta un forte gap salariale con l’estero e una certa sfiducia rispetto alla stabilità normativa».

Il decreto crescita, però, contiene anche una beffa per chi ha scelto di rientrare prima del 1° luglio, e non avrà gli sconti potenziati. Senza contare che proprio l’incertezza dei mesi scorsi - tra l’annuncio del decreto e la sua conversione - secondo Valentini ha bloccato molti rientri dal Regno Unito legati alla Brexit.

C’è poi un problema di “riespatrio”. Gli sconti rafforzati (e prolungati) non valgono per chi è tornato negli anni scorsi. E il rischio è che molti manager e ricercatori se ne vadano con la fine dei bonus. «C’è uno stock di circa 8-9mila beneficiari - spiega Valentini -: stimiamo che il 25% di coloro che terminano il quinquennio di agevolazioni lasci l’Italia».

Rabiot, Ramsey e gli altri

Un altro incentivo introdotto dal Parlamento - in extremis - è destinato agli sportivi professionisti e riguarda molti nomi di primo piano del calciomercato. Dal nuovo difensore dell’Inter, Diego Godin, ai centrocampisti della Juventus, Adrien Rabiot e Aaron Ramsey. L’opzione è individuale e andrà fatta nella prossima dichiarazione dei redditi. Tutti loro, comunque, sulla carta hanno i requisiti per pagare l’Irpef sul 50% del reddito lordo per un quinquennio, essendo stati all’estero per almeno due anni.

Vista la prassi di negoziare gli stipendi dei calciatori “al netto”, il risparmio si riflette anche sui club, un po’ come accade da anni in Spagna con la cosiddetta “legge Beckham”. Di fatto, a parità di costo per la società, il calciatore guadagna di più, a patto che rimanga almeno due anni nel nostro Paese. Va versato un contributo dello 0,5% destinato ai settori giovanili, che però non altera la convenienza del regime.

Gli sconti per paperoni e pensionati

Tra le agevolazioni ce ne sono due che guardano agli stranieri ad alto reddito e ai pensionati. La prima è la tassa fissa di 100mila euro (più 25mila euro per ogni familiare) sui redditi esteri dei “paperoni” che si trasferiscono in Italia, nata sotto il Governo Renzi e prevista dalla legge di Bilancio del 2017.

Nelle dichiarazioni dell’anno scorso l’hanno adottata 94 contribuenti, ma è la tipica misura che ha bisogno di tempo per affermarsi. «È una disciplina molto attraente ma non abbiamo visto subito un effetto, anche per una remora nei confronti della normativa italiana», spiega Pasquale Terracciano, ora ambasciatore in Russia e fino al 2018 nel Regno Unito. «Abbiamo già fatto tre presentazioni a Londra e a Mosca e presto ne faremo un’altra - aggiunge -. Il ruling dà prevedibilità alla disciplina per gli stranieri che apprezzano anche le agevolazioni per i visti riservate a chi investe in Italia e la tassazione delle successioni». L’ambasciatore Terracciano conferma che da Londra ci sono stati già diversi rientri, anche se non tutti i soggetti coinvolti dalla Brexit hanno già deciso. Nel caso della Russia, invece, tra i più interessati c’è chi già si trovava all’estero, specialmente nel Regno Unito.

Tutto da valutare, invece, l’impatto dello sconto fiscale sui pensionati. Con l’Italia che cerca di seguire le orme del Portogallo, dove si sono trasferiti tanti pensionati, attratti dalla tassazione ridotta.

C.Dell'Oste/G. Parente – 15 luglio 2019 – tratto da sole24ore.com

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